La DISFATTA di CAPORETTO
Il 1917 per l’Italia è un anno di grandi sacrifici: sull’Isonzo si spengono altre due offensive volute dall’alto comando, la decima e l’undicesima. Le perdite per l’esercito italiano, costretto a continui assalti senza risultati di rilievo, cominciano a pesare in patria; quella che manca è solo una disfatta militare per mettere in crisi l’Italia. Alle 2 di notte del 24 ottobre 1917 un’armata austriaca con il supporto di sette divisioni tedesche avviano le operazioni tra Tolmino e Caporetto, è appena iniziata la dodicesima battaglia dell’Isonzo. Dopo il primo giorno di battaglia l’esercito italiano ha perso 40mila uomini, mentre un numero simile è intrappolato sulle posizioni del Monte Nero. 10mila chilometri quadrati sono persi, 300mila prigionieri e tutte le risorse accatastate sul fronte come armi, munizioni, vettovaglie cadono in mano agli austriaci. Le ragioni di Caporetto sono molteplici: l’esercito italiano si era anchilosato su posizioni difendibili ma che non erano mai state testate da un vero assalto; le divisioni erano stanche dalle ultime offensive terminate pochi mesi prima; la truppa era demoralizzata dalla situazione e infine le tattiche tedesche si rivelarono troppo avanzate per le truppe italiane. Dopo una sconfitta del genere sembra questione di tempo prima che l’Italia ceda: il 30 novembre viene chiamato al governo Vittorio Emanuele Orlando, un giurista siciliano più volte ministro sotto Giolitti. Boselli paga così la cieca fiducia che aveva riposto in Luigi Cadorna.
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