Fame d'aria

Clara fu svegliata da un fastidioso mal di testa che le pungeva proprio al centro della fronte, con le palpebre ancora chiuse, sfilò un braccio da sotto al piumone e tastò il comodino fino a percepire lo schermo freddo del telefono, aprì leggermente gli occhi: giusto il necessario perché la luce fastidiosa del telefono le pizzicasse la parte di cervello dolorante che l’aveva svegliata. Erano le cinque e quarantadue, ancora presto: cercò di ricacciare il mal di testa in un buco insensibile del suo cranio per rimettersi a dormire. Quei pochi secondi però erano bastati per farle percepire un odore diverso da quello a cui la sua casa l’aveva abituata. Si alzò dal letto per cercare la causa di quella puzza stomachevole. Clara non riusciva a spiegarsi da dove potesse arrivare quel nuovo fetore: le zaffate si sentivano dovunque e in nessun punto in particolare. Sapeva di cadavere, di cibo rancido e rifiuti. Clara provò ad aprire la finestra della sua camera da letto, ma una nuova ondata d’aria puzzolente le arrivò come un ceffone sul viso: doveva esserci qualcosa nel quartiere, chissà cosa avevano disseppellito facendo le fondamenta del nuovo palazzo in costruzione dall’altra parte della strada. Serrò velocemente la finestra: assieme al mal di testa ora le stava salendo in gola anche una leggera nausea.
Fece il solito zapping mattutino sui social e vide i post e le immagini dei suoi amici e dei colleghi che abitavano nella sua città che lamentavano lo stesso fastidioso odore. Tra gli altri però, comparve anche la foto del giardino del suo amico che viveva negli Stati Uniti, con una frase in inglese Aaron sospettava che la puzza che sentiva fosse dovuta al nuovo impianto di depurazione che avevano appena attivato poco lontano dal suo quartiere. Clara cliccò lo schermo per mandare avanti veloce la storia senza darci troppo peso: il suo cervello dolorante ci mise qualche millesimo di secondo per realizzare l’assurdità di quello che aveva appena visto. Abitavano a ottomila chilometri di distanza ed entrambi si stavano domandando il motivo per il quale sentivano un odore strano. Aprì l’applicazione delle news: era comparso un banner rosso che invitava a tenere chiuse le finestre e a uscire solo se strettamente necessario, e comunque indossando una mascherina. Le notizie erano tutte uguali: tutti stavano sentendo una nauseante puzza di cadavere, ma nessuno sapeva spiegarne l’origine, o se fosse pericolosa o no. Clara cercò di distogliere l’attenzione dal problema perché il mal di testa stava aumentando. Decise di farsi una doccia e di mettersi a lavorare.
Tornò a leggere le notizie dopo qualche ora: avevano analizzato l’aria ed era stato trovato un composto organico, il tioacetone. E i giornali dicevano che la stessa sostanza era stata rilevata praticamente ovunque, quello che nessuno riusciva a spiegarsi era come avesse fatto a spargersi nell’aria, visto che poteva essere creata soltanto in laboratorio e a temperature molto basse. Cercò qualche informazione in più e scoprì che il tioacetone era
famoso per essere uno dei composti più puzzolenti al mondo: molti anni prima il tentativo di distillarlo aveva prodotto nausea e perdita di coscienza in persone che stavano anche a un chilometro di distanza dal laboratorio. Clara si fece prendere dal panico e le sembrò di non riuscire a trattenere il vomito, si alzò di scatto dalla sedia della scrivania per andare in bagno, ma facendolo le girò la testa e dovette sedersi di nuovo. Il mal di testa non accennava a diminuire.
Passò la giornata in casa, cercando ossessivamente di bloccare le fessure di porte e finestre con tappeti e asciugamani arrotolati, alle sei di sera, dopo il lavoro, prese un’aspirina e si mise a letto con la mascherina, tirandosi le coperte sopra la testa. Il giorno dopo la situazione era peggiorata e la nausea era ancora più fastidiosa, la sua casa sembrava essersi trasformata nel bagno rancido di una discoteca, non riusciva più a riconoscere se puzzasse di vomito, piscio o muffa. Lesse le ultime notizie: sembrava che fossero riusciti a rintracciare il posto da dove la sostanza si era diffusa, doveva essere partita da un losco laboratorio da qualche parte in Russia. Non si capiva ancora perché quel laboratorio fosse lì e perché stessero producendo quantità elevate di tioacetone.
Clara si sentiva sempre più sopraffatta da quel fetore, inizialmente aveva sperato di farci l’abitudine, di metabolizzarlo e di riuscire a continuare la sua giornata senza essere costantemente consapevole di essere immersa nella puzza, ma quell’odore sembrava avere sfumature sempre diverse: era impossibile da ignorare. Il giorno dopo le notizie che leggeva erano ancora confuse, stavano cercando di capire perché avessero prodotto duecento litri di tioacetone e in che modo fosse sfuggito al controllo del laboratorio e si fosse sparso per tutta l’atmosfera. Stavano arrivando i primi annunci di morte, alcuni anziani e delle persone che soffrivano di asma, altri invece, come Clara, si sentivano sempre più deboli e respirare non era più un processo meccanico e inconsapevole, era diventato una tortura che martellava la testa e strizzava l’intestino a ogni boccata d’aria.
L’ultima notizia che Clara lesse prima di andare a dormire diceva che con molta probabilità il composto era stato sintetizzato come arma chimica, in grosse quantità che dovevano essere depositate in un magazzino vicino al laboratorio, pronte per ogni evenienza. Clara pensò a come avrebbe risposto a un’arma del genere: due petroliere piene di vanillina, sarebbero state sufficienti a far profumare di vaniglia tutto il mondo, l’aveva letto sul New York Times qualche anno prima, davvero.