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UNA SCUOLA A MISURA DEI SOGNI (5)

di Giuseppe Paschetto

Giovani su un sentiero in Valle Mosso, Biella. Sullo sfondo una casina in pietre
Dépendance della scuola di Mosso. Cascina Aunei di Giuseppe Paschetto

Scusi, per le carceri?

Edilizia e arredi scolastici Le indicazioni del navigatore non lasciavano dubbi. Era la seconda volta che facevo il giro attorno all’isolato e quel che avevo davanti non mi convinceva. Dovevo andare per motivi professionali in una scuola della provincia, ma l’edificio grigio che avevo davanti sembrava tutto fuorché a una scuola. Era un carcere? Forse uno stabilimento industriale?

Chiesi a un passante che mi diede la triste conferma: era proprio la scuola del paese. Certo, quella era particolarmente brutta, ma non faceva eccezione nel panorama generale italiano che pare escludere l’elemento bellezza dalla progettazione degli edifici scolastici. Quasi che il grigiore, la bruttezza, l’anonimato delle forme dovessero preconizzare le caratteristiche dei contenuti.

Infatti, molte di quelle scuole, poi grigie lo sono anche dentro. A partire dal colore dei muri che, se non è proprio grigio, è bianco nulla o verdino vomito o giallino muffa. Si potrebbe pensare che l’aspetto non sia così importante, che l’abito anche in questo caso non faccia il monaco, ma in realtà non è affatto così. A casa vostra vi farebbe piacere entrare in un ambiente sciatto, anonimo, spoglio e triste? La scuola è la casa in cui bambini e ragazzi passano buona parte della loro giornata e non si capisce perché debba essere simile a un Ufficio del registro, del catasto o delle entrate. Luoghi adatti alla burocrazia, non all’insegnamento. Nelle scuole ci sono ragazzi, non scartoffie, ragazzi allegri, vivaci, sorridenti, curiosi, la cui gioia di vivere merita qualcosa di più di arredi anonimi e desolati.

Perché a volte bastano i colori di un’aula per cominciare a spegnere passioni e curiosità. Muri scrostati e sporchi, carte geografiche degli anni Sessanta appese sbilenche a pareti per il resto spoglie, sono in grado, alla lunga, di pregiudicare la didattica. Osservando l’interno di edifici concepiti per fini diversi è frequente non riuscire a distinguere una scuola da una caserma, un ospedale, un convento, uno stabilimento. In tutti i casi troveremo lunghi corridoi con una serie di porte che si aprono su uno o entrambi i lati. Porte di aule, di celle, di camere, di uffici? Non è dato sapere. E anche dall’esterno diventa spesso difficile discernere.

Gli spazi sono intrinseci agli usi per cui ecco che la scuola può diventare non solo luogo spazio educativo ma votata alla produzione, alla punizione, alla cura…dei sani (come diceva don Milani).

Ci sono ovviamente luminose eccezioni di edifici concepiti in modo diverso, con spazi funzionali a diversificate attività educative, spazi verdi attorno, agorà, spazi informali, arre individuali e per l’esplorazione, come previsto nel modello Indire 1+4. Ma siamo ancora lontani dalla applicazione generalizzata di un architettura degli spazi scolastici innovativa a funzionale.

Certo, la questione si fa tanto più drammatica quanto più sale l’età degli alunni. In genere nelle scuole d’infanzia e primarie è più frequente trovare aule e locali scolastici belli e allegri anche se il problema in generale esiste e fa il paio, come vedremo, con la cura dei beni comuni.

Nella scuola in cui insegno già molti anni fa avevo promosso due concorsi interni di durata annuale: Scuolabella e Scuolalinda. Con il primo premio avamo premiato la classe che nel corso dell’anno fosse riuscita a rendere più gradevole l’ambiente dell’aula, sia in modo diretto portando poster, quadri, piante, sia in modo indiretto richiedendo interventi al Comune. Con il secondo premiavamo invece la classe in grado di mantenere l’aula più pulita e ordinata; in questo caso le classifiche mensili erano redatte con il prezioso contributo dei collaboratori scolastici.

Nel 2017 invece abbiamo ideato il progetto Scopa didattica, prendendo spunto dalla bellissima abitudine degli studenti delle scuole giapponesi di pulire e riordinare le aule a fine lezione, mostrando la grande sensibilità per i beni comuni caratteristica dello spirito di quel popolo. E così abbiamo dotato ogni aula di scopa e paletta, anzi di scopa didattica. È una piccola azione ma di grande significato educativo.

Se si rispetta l’ambiente ristretto della propria aula, facilmente si imparerà a rispettare anche l’ambiente naturale. Funziona in questo modo: qualche minuto prima del termine delle lezioni gli alunni, a turno e senza obblighi, afferrano gli attrezzi e si mettono all’opera. E la questione dei muri sporchi e scrostati come la risolviamo? Anche a questo c’è rimedio. Uno dei nostri laboratori dei mestieri pomeridiani s’intitola Laboratorio di imbianchini.

Ogni anno sotto la guida di un esperto – nel nostro caso un imbianchino volontario che i nostri ragazzi a ragione chiamano prof – un gruppo di alunni rimette a nuovo un’aula. Si inizia spostando i banchi, coprendo gli arredi con i teli e i bordi delle finestre con nastro adesivo. Poi si tolgono chiodi e tasselli, si stucca, si carteggia dove necessario e quindi si passa all’operazione principale: dare il bianco. Anzi, in realtà ogni classe sceglie un colore vivace e impara a prepararlo, a usare la giusta diluizione mescolando per bene. A monte sono necessarie competenze di calcolo e di gestione, perché si tratta di misurare la superficie e quindi capire quanto prodotto occorre, preparare i preventivi di spesa, pensare alle attrezzature, documentarsi sulle norme di sicurezza. Ed ecco che in modo del tutto naturale riemergono le formule delle aree e le proporzioni mentre le conoscenze tecnologiche risorgono dal limbo, diventando strumenti necessari alla realizzazione del progetto da compiere. Concluso il lavoro, il risultato è davanti agli occhi degli alunni imbianchini e dei loro compagni di classe: una bella aula lilla oppure azzurra, rosa o verde brillante in cui tornare a prendere posto.

Così come sciatteria richiama altra sciatteria, nello stesso modo un’aula tirata a lucido richiede di essere mantenuta tale. Una mia alunna, a lavoro finito, aveva ammonito i compagni: «E adesso guai a chi appoggia una scarpa al muro!»

Quando stavamo per iniziare a imbiancare un’aula, anni fa, venne a scuola in visita il ministro dell’istruzione Stefania Giannini e proprio a lei fu dato il compito simbolico di dare la prima pennellata lilla all’aula. Nel resoconto della memorabile giornata, un’alunna descrisse quello che era successo con queste parole: «Abbiamo dato la prima pennellata al ministro».

Grazie all’involontario umorismo della nostra studentessa, nella nostra memoria l’impeccabile vestito nero del ministro resterà per sempre decorato da una bella pennellata lilla.

Questo è il capitolo 5 del libro di Giuseppe Paschetto “Una scuola a misura dei sogni”.

E così vi ricordiamo l’appuntamento di domenica prossima alla Trappa di Sordevolo per la presentazione di Imparare Facendo.

Argomento Libro Paschetto