VOL. 1 - MATERIALI DA COSTRUZIONE
COMUNITA’
TW: violenza poliziesca
NOSTRE - feffa mangano
Siamo una marea di corpi che si stringono e si cercano. Indosso la gonna di jeans, con i collant neri che mi pizzicano sulle cosce e la felpa nera che ho rubato a mia sorella. Riempiamo ogni centimetro di questa piazza dalla forma strana. Dal furgone del collettivo arriva Contessa: ci muoviamo piano. Una mano solleva un megafono: “Basta guerre sui nostri corpi”. Beatrice mi dice di seguirla. Avvicino la mia mano alla sua, me la stringe. Iniziamo a danzare. Ci seguono anche gli altri: Martina salta sulle spalle di Nicola e i piedi si agganciano alla sua schiena. Zoe spinge Mirco verso di noi, che è rimasto indietro. Paola, che cammina qualche metro avanti, si volta appena. Ci sorride. Ridiamo per il dente che le manca e per la sua ostinazione nel continuare a raccontarci come l’ha perso “quella volta a Roma”. Ci raggiunge anche lei. Più in là, Alice tira Simone fino all’inizio del corteo e gli passa un angolo dello striscione che abbiamo dipinto con le bombolette spray - nè vittime nè imputate ma indecorose e libere - con gli accenti un po’ storti, ‘che sono difficili da disegnare senza un pennarello. Le spalle si toccano l'una con l’altra, siamo così stretti che non capisco se il sudore che sento sia il mio.
Ci fermiamo. Martina prende il megafono. La polizia si avvicina.
“La lotta contro il patriarcato è la nostra lotta, così come la lotta contro il razzismo istituzionale”. “È una lotta intersezionale, non deve rimanere fuori nessuno e nessuna!”. Ora un grido collettivo riempie la piazza: insieme siamo partite e insieme torneremo, non una, non una, non una di meno!
Agitiamo le chiavi in aria. Un tintinnio si infila nei vicoli e risuona per la città. Non si sente nessun altro rumore finché un sampietrino rimbalza sul casco di un celerino. Dall’alto vedo arrivare una bottiglia che sbatte su uno scudo e si sgretola. Urliamo. L’asfalto di via del Santo si riempie di cocci. Per evitarli ci calpestiamo. Due ragazzi armati corrono in direzione dei manganelli. Esplode una bomba carta, ci divide in due lati della strada. Mi spintonano da una parte all’altra, c’è fumo, non vi riconosco. Dove cazzo siete finiti? L’odore di lacrimogeni mi stringe le narici. Mi tiro su la felpa dal mento. Qualcosa mi colpisce la spalla sinistra e le ginocchia sfregano sulla ghiaia. Mi tocco il destro con la mano sporca di terra: sanguina. Mi alzo, vi cerco e urlo ancora più forte: “Mi sentite?”, stringo gli occhi e copro le orecchie con le mani.
CONTESSA - Modena City Ramblers (S'ouvre dans une nouvelle fenêtre)
MATERIALI DA COSTRUZIONE - bea forlini
siamo una fascina di liberazioni
come le colonne di tutte queste chiese gotiche
prenderemo le nostre volte
terrestri
le nostre volte archi tesi a bersagli mobili
soprattutto mobili,
non ci fossilizzeremo
marmoree mai,
mai come le nostre vecchie colonne
portanti
costrizioni in buona fede
italiana
marmo di Carrara
ma nemmeno resteremo convinte
né unite come siamo ora
come questi pilastri in pietra luteziana
come a Notre Dame
(e poi noi bruceremo integre, ché tanto scoperchiate lo siamo già)
continueremo a odiare il cemento armato:
resteremo indifese,
il più naturali possibile,
calcaree alle nostre ondate sempre infìde di detriti
- e di detriti sempre più ricche.
