Passer au contenu principal

Quell’inquietante video di Trump e la “cancel culture”

Il mistero dietro il video di Trump a Gaza (S'ouvre dans une nouvelle fenêtre) si scioglie e con esso si chiarisce anche lo spaesamento che ha generato: sembrava un video satirico, tanto era esasperato nei toni e nelle immagini – e in effetti lo era.

Un’opera di satira politica finita nelle mani di Trump, che ha postato il video mutandone radicalmente il contesto di fruizione e di conseguenza il senso. È sufficiente un cambio di emittente per stravolgere un messaggio, trasformandolo da una critica a una specie di glorificazione. Un gesto capace di generare quel collasso tra realtà e meme che spesso contraddistingue il presidente statunitense; ciò che per noi è una caricatura, per lui (e di riflesso per tutti) può diventare un futuro possibile.

Un semplice esempio per chiarire questo meccanismo potrebbe essere una vignetta in cui un politico viene disegnato come un imperatore: se la si propone in chiave ironica, è un attacco alle sue tendenze autoritarie; ma se lo stesso politico decide di “appropriarsene” e sfoggiarla con orgoglio, quella stessa immagine diventa una rivendicazione di potere. Compito di una buona satira sarebbe creare un messaggio che non può essere facilmente capovolto a vantaggio del destinatario. In questo gioco di specchi, le AI generative (inevitabilmente coinvolte nel dibattito) sono, in realtà, un mezzo come tanti. Lo stesso effetto – e con la medesima velocità di diffusione – sarebbe stato ottenibile tramite un fumetto, un fotomontaggio o qualsiasi altra forma di satira visiva.

Probabilmente Trump non sarebbe stato così temerario da commissionare in prima persona un video del genere, ma rimane il dubbio se la trasformazione del contesto sia una sua strategia lucida o un genuino fraintendimento. Quanto abita il suo mondo il presidente? Alla fine cambia poco, se entro certi limiti ha la forza di imporlo. Trump non può fermare il cambiamento climatico, ad esempio, ma può bloccare le politiche e le ricerche atte a contrastarlo.

Da qui si apre un discorso più ampio, su come Trump cerchi di cambiare il mondo attraverso atti politici che hanno a che fare con la censura o il controllo diretto dell’informazione. Basti pensare alla poco discussa in Italia decisione di arrestare e revocare la green card (S'ouvre dans une nouvelle fenêtre) a chi critica la politica estera statunitense, o alle iniziative volte a escludere specifiche parole dai siti federali (S'ouvre dans une nouvelle fenêtre) (e, di riflesso, dai documenti e dai finanziamenti pubblici). Secondo un’indagine pubblicata dal New York Times (marzo 2025), l’amministrazione avrebbe infatti stilato elenchi di termini considerati “sensibili” o “non utilizzabili” in documenti ufficiali di alcune agenzie, con possibili ripercussioni sui budget e sui progetti futuri.

Esiste una grande differenza tra la cosiddetta “cancel culture” – di cui la destra accusa spesso movimenti e individui impegnati su temi sociali e identitari – e il fenomeno che si verifica quando un potere istituzionale interviene dall’alto, limitando spazi di ricerca o di espressione in modo sistematico. Nel primo caso, parliamo di reazioni e boicottaggi che nascono dal basso: gruppi o comunità che decidono, a titolo individuale o collettivo, di non voler sostenere o ospitare chi promuove idee considerate offensive. Si tratta, in sostanza, di una forma di dissenso e sanzione sociale (per quanto discutibile o controversa per alcuni), che però non implica il monopolio coercitivo di un ente governativo.

Quando invece lo Stato mette in campo strumenti capaci di censurare interi ambiti di studio o di frenare la divulgazione scientifica – tagliando fondi, limitando la pubblicazione di dati, chiudendo uffici e dipartimenti – il meccanismo cambia radicalmente. Non è più una parte della società che contesta un’altra, ma un potere centralizzato che si avvale di risorse e autorità decisamente superiori, imponendo vincoli che possono plasmare l’intero dibattito pubblico e il futuro del sapere.

Così, quell’area del “dicibile” – ossia ciò che si può dire o non dire senza subire ripercussioni – non viene più definita solo dal tessuto sociale, ma anche da un’azione governativa mirata. Il vero “non si può più dire niente” avviene adesso. È un passaggio indispensabile per comprendere la confusione spesso in malafede che ha dominato il dibattito pubblico recente: da un lato, la libertà d’espressione non deve essere confusa con l’impunità (siamo inevitabilmente responsabili dell’effetto delle nostre parole), così come offendere l’identità altrui non può equivalere ad affermare la propria. Dall’altro, bisogna riconoscere la differenza fra un dissenso dal basso e un controllo dall’alto.

Ogni società si trova a dover tracciare un confine tra il diritto di critica e il dovere di rispettare l’identità altrui, ma anche tra la possibilità di manifestare il proprio dissenso (sia pure in forme severe come il boicottaggio) e l’intervento istituzionale che restringe o indirizza le libertà, influenzando direttamente la produzione di conoscenza e il discorso pubblico. Ed è in questo secondo caso che si sente con particolare forza il peso di politiche come quelle che stiamo osservando: non un semplice rifiuto da parte di singoli o di comunità, ma un’azione coordinata per riscrivere la realtà, a volte anche sottraendole pezzi fondamentali. Vietare alcuni termini, negare la realtà climatica e proibire le proteste non cancelleranno identità e catastrofi naturali, ma possono distruggere chi abita un mondo diverso dall’illusione asfittica di alcuni.


Francesco D’Isa

(S'ouvre dans une nouvelle fenêtre)
Marie Laurencin (d'Après) Deux amies au repos du tennis dans un hamac Curtesy Pananti (S'ouvre dans une nouvelle fenêtre).

Il nuovo bookclub di L’Indiscreto

Siamo lieti di annunciare una nuova iniziativa per gli abbonati al piano "Partecipa a L'Indiscreto" (S'ouvre dans une nouvelle fenêtre). A partire dal 21 marzo, organizzeremo un book club esclusivo dedicato alle opere selezionate nella nostra "Classifica di Qualità". Circa un mese dopo la pubblicazione di ogni classifica, sceglieremo uno dei testi presenti tra i primi dieci, offrendo ai nostri abbonati l'opportunità di leggerlo e discuterne insieme. Questi incontri virtuali vedranno la partecipazione di scrittori, membri della redazione e, quando possibile, dell'autore o dell'autrice dell'opera in esame.

Per partecipare al book club, è sufficiente essere abbonati al piano "Partecipa a L'Indiscreto" o “Indiscretizzati”. Se non siete ancora abbonati, potete farlo visitando la nostra pagina dedicata agli abbonamenti!

Vi invitiamo a unirvi a noi in questa nuova avventura letteraria, per approfondire insieme le opere più significative del panorama letterario contemporaneo. Sarà anche un modo per sostenere le nostre spese e far sì che L’Indiscreto possa continuare a produrre cultura in modo aperto e accessibile, senza pubblicità.

Il primo incontro è previsto per il 21 marzo e parleremo di “Theodoros” Di Mircea Cărtărescu in compagnia dello scrittore Vanni Santoni

Questa newsletter è parte dell'allargamento dell'offerta dell'Indiscreto, per coinvolgere sempre più lettrici e lettori in un esperienza di lettura e di divulgazione collettiva. Per supportarci in questo cammino, che va avanti ormai dal 2015, puoi abbonarti scegliendo una delle nostre 4 forme di abbonamento: oltre alla newsletter riceverai l’accesso all’archivio digitale delle Edizioni Pananti, la nostra pubblicazione annuale cartacea a tiratura limitata e sconti sui libri dei nostri sponsor Aboca Edizioni e Olschki edizioni.

0 commentaire

Vous voulez être le·la premier·ère à écrire un commentaire ?
Devenez membre de L'Indiscreto et lancez la conversation.
Adhérer