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Le manifestazioni in difesa dello stato di diritto in Bulgaria

«Le manifestazioni si tengono presso il cosiddetto ‘triangolo del potere’ a Sofia. Il Presidente della Repubblica della Bulgaria è uno dei leader ufficiosi delle proteste», spiega Dimo Gospodinov, un giovane avvocato bulgaro che vive e lavora a Sofia.

Come altre migliaia di cittadini bulgari, da più di tre mesi a questa parte, scende in piazza, praticamente ogni giorno, per chiedere le dimissioni di Boyko Borissov, il Primo ministro bulgaro e leader del partito conservatore, GERB – una sigla che sta per Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria.

L’8 luglio scorso, Hristo Ivanov, leader del partito “Sì, Bulgaria” una formazione di destra liberale, ha cercato di attraccare, munito di bandiera nazionale, la spiaggia di Rosenets, un promontorio bulgaro sul Mar Nero.

Il movimento di protesta è scoppiato a luglio di quest’anno, sulla scia di uno scandalo che ha coinvolto un altro noto volto della politica bulgara: Ahmed Dogan. Dogan è un magnate e il presidente onorario del Movimento per i diritti e le libertà (DPS), il partito di riferimento della comunità turca in Bulgaria.

Ma cos’è successo esattamente?

L’8 luglio scorso, Hristo Ivanov, leader del partito “Sì, Bulgaria” una formazione di destra liberale, ha cercato di attraccare, munito di bandiera nazionale, la spiaggia di Rosenets, un promontorio bulgaro sul Mar Nero. In un video diventato virale sui social media, Ivanov finisce però in mare respinto dagli agenti del NSO, il Servizio di sicurezza nazionale. Come mai?

In Bulgaria, le spiagge marittime sono di proprietà e dominio pubblico. Ma Rosenets è una cosa diversa. Di fatto, l’area del promontorio è diventata la residenza del magnate Dogan. E sebbene ciò sia, in qualche maniera, un fatto acclarato, non lo era – fino all’8 luglio – che agenti pubblici di sicurezza garantissero l’incolumità di Dogan, vigilando sulla sua villa.

Se lo scandalo legato alla villa di Dogan e all’impiego di forze di sicurezza nazionali, di per sé, aveva creato scalpore, l’attacco al Presidente della Repubblica ha fatto precipitare la situazione.

Dopo aver visto Ivanov cadere in mare, il presidente della Repubblica della Bulgaria, Rumen Radev, ha definito mafioso il trattamento riservato a Ivanov. Forse avrebbe fatto meglio a non dirlo, visto che l’affermazione è valsa al Presidente della Repubblica una visita da parte degli agenti che sono alle dipendenze di un altro personaggio: Ivan Geshev, il procuratore generale della Repubblica.

Se lo scandalo legato alla villa di Dogan e all’impiego di forze di sicurezza nazionali, di per sé, aveva creato scalpore, l’attacco al Presidente della Repubblica ha fatto precipitare la situazione. Ed è così che è nato il movimento di protesta che, ancora oggi, scende in piazza in difesa del Presidente Radev, ma, più in generale dello Stato di diritto nel Paese (e contro la corruzione endemica) (Öffnet in neuem Fenster).

Qual è la richiesta del movimento?

Le dimissioni del Primo ministro Boyko Borissov, una figura vista, oggigiorno, come coagulante di un sistema politico in cui, da anni, gli interessi di politici e di oligarchi e dei media sono talmente intrecciati da rendere la Bulgaria un Paese, fondamentalmente, corrotto. I cittadini chiedono anche la destituzione di Geshev dal ruolo di procuratore generale.

In realtà le proteste di quest’anno arrivano sulla scia di molteplici altre manifestazioni che si sono succedute a partire dal 2013 fino a oggi. Il quarto episodio del podcast Europa Reloaded ripercorre gli ultimi anni di politica bulgara e si focalizza anche sul ruolo giocato dall’Unione europea.