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VOL. 3 - CORPI IN RIVOLTA

CUORE

anatomia sartoriale di MARZIACALYPSO

AL CUORE NON SI COMANDA - feffa mangano

Al cuore non si comanda e invece io gli dico di stare fermo. Smettila di andare così veloce.

Solo il suono che rimbomba nella cassa toracica.

Lo sento nelle orecchie, nelle natiche e nell’inguine.

Ogni parte del corpo si inchina a quell’ordine, continua a battere più veloce di prima, anche se io gli comando di stare fermo.

Ora lo sento schiacciato tra le pareti della gola. Tremo al ritmo del mio cuore che galoppa all’impazzata, come se volesse uscire da questo torace.

Al cuore non si comanda e invece io gli dico di stare fermo. Vai solo un po’ più piano.

Fermate tutto che io voglio scendere.

Mentre io chiedo al mio corpo di fermarsi, lui chiede a me di fermarmi. Lo fa correndo ancora più forte, mi supera come si fa con i camion in autostrada.

Tremo insieme a ogni centimetro della mia pelle, mi lascio andare al battito accelerato.

Non ho più saliva e ciò che resta è il bicchiere d’acqua sul comodino, accanto all’ultimo libro che ho comprato ieri mattina.

VENTIQUATTROANNI - bea forlini

ti muovi nella stanza come un essere abissale o una direttrice d’orchestra, tiri fili come fossero anemoni o ragnatele (da un angolo all’altro – e ancora e ancora). dobbiamo solo stendere. tiri i fili da un angolo all’altro e io ci rimango in mezzo: perché fai movimenti così eleganti? tu sei fluorescente e io arresa. nemmeno prendere in mano ‘sto asciugamano fradicio e freddo mi riporta alla realtà – ma comunque io non voglio scappare, in questa realtà ci sei anche tu e il nostro incantesimo attuale. quando cammino con te so che viviamo nello stesso realismo magico,

che tu a due passi da casa mia mi indicherai le dorifore che in nove mesi non avevo ancora notato /

che io davanti al fort Nicolas saprò assurdamente dirti che quell’escrescenza d’Italia che hai fotografato dall’aereo è la laguna di Orbetello /

e che in questo siamo insostituibili.

eppure i cimeli nel mio baule degli amori e sui miei scaffali non hanno mai avuto bisogno di essere sostituiti: solo, si sommano.

Paestum è una steppa bruciata abitata da innumerevoli sacchetti di plastica e più nessuna divinità antica: le pietre si trafugano i cartelli si slavano e più nessuno si cura delle rovine. a Beirut invece le macerie romane sono quattro in croce (le altre purtroppo di più) eppure hanno dei militari a sorvegliarle, che fanno la ronda mentre quelle colonne restano immobili. ci sono rovine romane anche nell’estremo sud della Turchia, a circa un’ora da Gaziantep: l’Eufrate solca distese di alberi di pistacchio, poi all’improvviso un’ansa e quelle macerie ci colano dentro. i bambini vengono sfruttati nei porti fluviali, le famiglie locali ci vanno in gita la domenica, fare il bagno sarebbe vietato ma è prima di tutto un richiamo. si trovano zattere di plastica nascoste dai salici, come anche gruppi di donne sedute in cerchio mentre gli uomini si tuffano. eppure ci si deve tuffare anche noi, che poi si esce commosse e rigenerate e che si è compreso l'eterno archetipo della purificazione, del battesimo. che si pensa forse al Giordano ma mai all’iconografia cristiana, e basta guardare le grotte della sponda opposta che si vorrebbe solo tornare alle divinità fluviali.

ecco io vorrei un cuore politeista, aggiungere la tua statuetta all’altare senza prima dover voltare tutte le altre di spalle. ti venero. hai finito di stendere e di cucinare per me, mi hai fatto un video mentre mangiavo un po’ goffa e ti parlavo. ora son seduta con te che mi dai le spalle mentre metti la moka sul fuoco, poi ti volti e restando in piedi mi abbracci. appoggio la faccia sul tuo ombelico e penso che sei sempre così forte e morbida, poi mi dici che insieme a me c’è anche un’altra e non cambia niente nella stanza. più per più fa più, niente si annulla, e mi sento accolta nel tuo Olimpo. e sento che non avrò mai bisogno di nessun oracolo se la tua voce sa darmi verità come questa, come l’acqua,

che la tensione superficiale è alta

lo schianto se non mi prendi per mano può far male

ma poi mi abbraccia come te, come un liquido che si adatta alla forma del mio corpo senza inadesioni (o alla nostra, di forma, se poi siamo in tre).

mi guardi e i tuoi occhi brillanti e le tue ciglia AliDiColibrì sanno darmi paradossali conferme.

non è cambiato niente. quando non ci toccheremo più allora le mie ali cominceranno a perdere di polverina e anche questo sarà paradossale, però per ora mi baci ed è tutto intatto.

e non capisco se sono io che sono spaziosa o sei tu che hai aperto la finestra.

illustrazione di MARLAMU
Tópico Fanzine - volumi