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VOL. 3 - CORPI IN RIVOLTA

POLMONI

TW: salute mentale, lutto

anatomia sartoriale di MARZIACALYPSO

CORPI FATTI - la serie di feffa

INTRO: Le frasi fatte ci rassicurano, ci fanno credere di sapere già cosa verrà dopo. In scrittura, si dice di evitarle, di tenerle lontane dai nostri testi. E se si ribaltassero? Come facciamo con i materiali che ri-utilizziamo per altre vite. Ripensare alle parole per scomporne il significato.

A PIENI POLMONI - feffa mangano

Mi dicono di respirare a pieni polmoni, ma io ora li sento vuoti. Dov’è tutta l’aria che circonda il mondo?

Rarefatta. Mi sento fatta di aria, mentre i miei talloni non toccano terra e mi manca il respiro.

È solo che a volte ci si dimentica come si respira e poi tornare a respirare non è mica semplice: ci vuole coraggio. Un respiro profondo – a pieni polmoni – e via.

Tornare a respirare, senza farmaci.

Respira a pieni polmoni, me lo ripete anche il medico che allontana il suo sguardo dal mio viso. Fino a poco fa era sopra di me, trafugava con i suoi attrezzi per sentirmi il battito, il respiro e tutte le cose che confermeranno che va tutto bene – che io sto bene – che non c’era bisogno di allarmarsi.

Su un foglio bianco il medico digita la diagnosi di ogni volta e poi aggiunge la sua prescrizione: la paziente necessita riposo.

“AVOIR L’ÂGE DE SES ARTÈRES” - la serie di bea

INTRO: ‘non abbiamo che l’età delle nostre arterie’. siamo sagome innervate di vasi sanguigni, di venature di filigrana come le foglie – solo, le nostre non sono in rilievo, le nostre non si stampano sui diari in negativo se ci strofiniamo sopra i pastelli a cera. impronte digitali, di segni ne lasciamo anche noi.

siamo vasi comunicanti

col sangue sempre in circolo anche quando ci sembra di no.

per MATERIA PRIMA vol. 3 riciclo quattro attimi di quattro mie età e spero possano parlare anche a voi. materia organica e come collagene la poesia:

POLMONI-UTERO-STOMACO-CUORE. quattro inni quotidiani svuotati di ogni magniloquenza, e – di fondo – l’augurio di saperli scovare almeno ogni tanto, di riuscire a sentirli anche se flebili. in un nuovo amore, davanti a una tomba o a un’altalena, in un bagno al fiume. e allora di seguirli con mani e con piedi, attraversarli con ‘sto benedettomaledetto corpo – e periodicamente saperlo risignificare, reinventare.

DODICIANNI - bea forlini

e per un attimo sarei voluta tornare a quando (a dove?) l'amore era ancora più maldestro

scattoso esplosivo e represso

ossuto come le mie gambe che non mi interessava mostrarti nude

ché tanto erano troppo acerbe, che tanto servivano solo a giocare

e ci spremevamo sopra le amarene selvatiche che c'avevano un gusto aspro ma almeno loro erano mature

ed era bello inventarci un sangue così profumato e acceso, rosso fuxia ad esasperare la luce delle nostre estati (i pezzi di cielo dietro ai piedi che si spingevano sull'altalena - le canne sempre troppo forti quando le volevamo strappare - lo stagno coi girini dove ficcavamo sempre le mani)

pausa: un odore di melma e i sassi su cui prima o poi saremmo pur dovuti scivolare

ma almeno in quegli anni avevamo ferite talmente dolci che attiravano solo le api

poi le tue si sono guastate in un giorno solo e io ancora non ero pronta per leccartele.

dopo la messa in ricordo di tua madre avevamo giocato a nascondino in piazza ad Albairate, io avevo un cappotto troppo lungo per correre ma tanta energia per starti dietro. forse la tua nonna ci aveva regalato dei cioccolatini quando eravamo passati a farle le condoglianze, e probabilmente ritrovassi quel giubbotto almeno uno di quegli involucri sarebbe ancora lì, nella tasca sinistra (tutto lucido ed emaciato, assottigliato).

un giorno tua madre mi aveva regalato un top incrociato con dei colori terracquei e miei, era un top da grande che speravo prima o poi mi sarebbe andato e invece non sarà mai il caso (ogni estate al cambio armadio lo prendo con me e spero troverò un modo di usarlo, ma lei aveva più seno e forse un busto più lungo). ricordo quando mi aveva detto che tu detestavi le tue lentiggini e che invece io delle mie non dovevo pensarlo mai, che erano così belle. a quell'età mi pesava non avere una pelle di porcellana da far riflettere negli specchi, però non avevo avuto cuore di dirglielo (e poi, era una cosa che mi apparentava a te).

è da tanto che non torno dove il nostro amore era così, ossuto sgraziato inespresso ma anche

cartilagineo (quanto senza accorgercene crescevamo)

ogni sera la nostra pelle sapeva di vento come le nostre magliettine della Benetton, ora siamo un reticolato di fumo e smog, di microparticelle tossiche che chiamiamo aria

ché non sappiamo che respirare più questo.

illustrazione di MARLAMU

Tópico Fanzine - volumi