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MAPPA CONCETTUALE - La DESTRA STORICA in ITALIA: RIFORME e BRIGANTAGGIO

Con il 17 marzo 1861 il Regno di Sardegna si è ritrovato con una quantità vastissima di nuovi territori, come farà però a tenerli uniti? La via scelta dalla Destra Storica per unire la nazione è quella dell’accentramento: tutta l’Italia avrebbe accettato le leggi dell’ex Regno di Sardegna. Il processo appena iniziato è definito “piemontesizzazione”: lo Statuto Albertino diventa la Costituzione del Regno; la legislazione civile e penale italiana corrisponde a quella dello stato dei Savoia. I codici più avanzati, come quello del granducato di Toscana, vengono revocati. L’italia viene divisa in 59 province affidate a prefetti nominati dal governo centrale. Le province sono divise a loro volta in comuni, guidati da consigli comunali votati a suffragio ristretto. Arrivano il primo codice civile, un codice della navigazione e uno del commercio. Per quello penale si dovrà aspettare il 1889. Da Torino il volere del governo centrale si impone su tutta la penisola: con l’unificazione arriva in tutta Italia un’altra legge votata nel 1859, la legge Casati, focalizzata sulla scuola e sul sistema scolastico. La coscrizione obbligatoria di stampo piemontese viene estesa al nuovo regno: il servizio militare arriva per tutta la popolazione maschile della penisola. Infine, tutta l’Italia passa al sistema metrico decimale e la moneta nazionale diventa la Lira Piemontese. Questa unità economica ha un costo: il debito del neonato Regno d’Italia è di 2 miliardi e 402 milioni di lire. Metà era stato ereditato dal Piemonte, l’altra dagli altri stati della penisola. La politica di libero scambio, ereditata da Cavour e voluta dalla Destra Storica, è ottima per il capitalismo agrario del Nord, focalizzato sull’export. Ma se il nord può godere di questa politica, è l'ex regno delle due Sicilie che paga il prezzo più alto di queste scelte economiche. Senza più il protezionismo borbonico inizia una fase di crisi nel mezzogiorno. Solo nuove infrastrutture possono aiutare le industrie: servono al paese strade, ferrovie, porti, canali ma anche scuole ed ospedali. Nel tempo la politica fiscale diventa sempre più severa. Vari ministri della Destra Storica si susseguono al complesso dicastero delle finanze: Quintino Sella, Marco Minghetti e Antonio Scialoja. Davanti a questo fallimento e con la bancarotta sempre più vicina il governo è costretto ad aumentare la pressione fiscale. Arrivano nuove imposte. Aumentano le tasse indirette ,che colpiscono i beni di largo consumo come alcol, sale e tabacco. Dal 1868 arriva anche la tassa sul macinato, da pagare al mugnaio e che dipende dalla quantità di grano da macinare. Dopo tutti questi sacrifici e sangue versato, nel 1876 il governo Minghetti annuncia il pareggio di bilancio. La bassa qualità della vita, tra dieta e condizioni igieniche, porta i contadini a soffrire di malattie aumentando i rischi di epidemie. Una celebre inchiesta parlamentare condotta da Stefano Jacini, durata dieci anni e resa pubblica nel 1884, dipinge un quadro desolante della situazione. Per gestire lo scontento si crea un’alleanza: alto borghesi del nord e latifondisti del sud si uniscono nel “blocco agrario-industriale” aiutandosi a vicenda per controllare l’umore del popolino. Nonostante questi accordi la popolazione più povera del sud decide che ne ha abbastanza: inizia in tutto il Mezzogiorno una guerriglia anti-savoia, un fenomeno antico che a Torino inizieranno a conoscere. Inizia il brigantaggio. Il 15 agosto 1863 arriva la Legge Pica: i processi contro i briganti passano ai tribunali militari, famosi per la loro durezza. Inoltre la legge marziale viene imposta su vaste aree del Mezzogiorno.

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