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Non è mai troppo tardi per fallire e ricominciare.

Ritengo che prima di cominciare con il progetto vero e proprio di questo blog, ovvero raccontare delle mie esperienze da cosiddetta expat con tutte le problematiche, i vantaggi e i progetti annessi, debba prima raccontare qualcosa di me.

Partiamo dal principio (non dal parto, per carità: ero una neonata di quattro chili e mezzo, quindi vi risparmio i dettagli sanguinolenti e sudaticci).
Ho ventisette anni, una lingua tagliente, una mente che produce guazzabugli di pensieri alquanto complicati e circa mille complessi a proposito della mia personalità che sto cercando di risolvere.
In mia difesa devo dire che non è colpa mia se sono così dura con me stessa: sono tempi difficili.

Forse non sono l’unica persona al mondo tendente all’autocritica distruttiva, ma è difficile essere sempre perfette.

È inutile nasconderlo: tutte le donne combattono ogni giorno per ottenere una bellezza più o meno raggiungibile, per rispecchiare gli standard, spesso e volentieri irreali, della società moderna e per sentirsi benvolute e soddisfatte. Anche io.
La mia battaglia cominciò quando avevo circa tredici anni. Sapete, sono un tipo mediterraneo: occhioni da cerbiatto, labbra carnose... e tanti peli. Ma non sto parlando di quegli innocui peletti diafani che sembrano la peluria di una pesca, no: si tratta di peli dalla forza simile a quella dei baobab africani, che non si smuoverebbero nemmeno al passaggio dell'uragano Katrina. La mia adorata lanugine è difficile da eliminare persino con chili di ceretta a caldo, strani trattamenti laser o pinzette usate a mo' di tagliaerba. Ma non è solo lo spessore che mi frega: ciò che è veramente diabolico è la loro distribuzione ed essi si riproducono indisturbati su quasi tutto il perimetro del mio corpo come se fossero dei conigli durante la stagione degli amori.

Il primo incidente avvenuto con i baffetti risale alla prima superiore: con una minuscola striscia di cera da riscaldare con le mani sono riuscita a deturparmi le labbra. Il risultato? Una bella crosta di cui sarebbe stato fiero anche Mike Tyson, che poi ho tentato grossolanamente di coprire con un cerotto bianco gigante. Quest'immagine suscitò non poca ilarità nei ragazzini che prendevano con me il treno per andare a scuola. Il secondo (alquanto infelice) episodio riguardava le sopracciglia: un giorno, quando avevo all’incirca tredici anni, presi la pinzetta e, zack!, via! Le mie sopracciglia presero di colpo le sembianze di due spermatozoi senza testa. Soltanto più corti.
I peli non sono l'unico problema: i primi tentativi di truccarmi furono anche peggiori. Quando provai ad usare l'eyeliner per la prima volta sembravo Pierrot dopo un mental breakdown.

Anche i miei abbinamenti non erano esattamente degni di quelle che oggi impazzano come fashion blogger: ricordo una collana con finte perle di plastica giganti color giallo canarino e improbabili fascette di rafia per capelli che non sarebbero adeguate neanche per i sobborghi di Kingston.
Alla mia età lo stile è un po' diverso, ma la metodologia la stessa. D’altro canto, bisogna ammettere che l’amor proprio al giorno d’oggi è messo a dura prova quotidianamente: siamo circondate da immagini di donne bellissime, con seni prosperosi sparati verso il cielo come uno shuttle della Nasa, trucco perfetto a qualunque ora della giornata e capelli lucenti e impeccabili anche durante una tempesta di neve siberiana. Ma chi vogliamo prendere in giro? Io un po’ le ammiro, queste donne.

Giuro che ho provato anch’io ad essere così perfetta, ma non ci riesco. Se vedo una pubblicità con dei cuccioli maltrattati mi commuovo, mi cola la matita nera e sembro Lady Gaga con l’orzaiolo.

Posso piastrare e arricciare i miei capelli per ore, ma se piove prendo le sembianze di una pecora con la permanente. Se tento di non sporcarmi ad una cena mi cadranno inevitabilmente circa dieci chili di sugo sul vestitino che ho comprato in svendita per sembrare chic e sofisticata. Ormai ho rinunciato a questa battaglia: non sono perfetta e non ho i soldi per comprarmi una borsa Chanel.

Il tempo che avanza mi spaventa, anche se l’ombra dei trent’anni è ancora lontana 110 settimane.
L’undici luglio è il mio compleanno. Saranno ventotto: è spaventoso, dico davvero. Mi ricordo che quando avevo tredici o quattordici anni aspettavo l’arrivo dei miei diciotto anni con ansia quasi febbrile, pensavo che una volta raggiunta la maggiore età sarei stata libera di fare tutto ciò che mi pareva, feste a non finire, viaggi in tutto il mondo e una vita spericolata degna di Vasco Rossi oppure avventure mondane alla Carrie Bradshaw. Be’, così non è stato. Non appena ho concluso l’esame di maturità ho iniziato a lavorare in un negozio di un pazzo schiavista che pensava di poter guadagnare quanto un broker di Wall Street vendendo camicie a quadretti ai turisti tedeschi di passaggio. Io non le avrei indossate nemmeno sotto tortura. Mi chiedevo come un pout-pourri di palme hawaiane e cespugli del Fantabosco facesse a starci su una camicia slim fit, ma evidentemente tutto è possibile. Non è stata l’estate più felice della mia vita. Prima di compiere diciotto anni pensavo che quella data avrebbe segnato l’inizio di una nuova era, costellata da party, feste indimenticabili e sabati sera folli. Devo precisare che vengo da una cittadina sperduta nelle Alpi, Vipiteno, e da noi discoteca, in realtà, è una descrizione alquanto audace. Se ordini un Cosmopolitan ti piazzano davanti al naso una grappa ai mirtilli e ti dicevano “Parla come mangi”.

There is three pictures: the first shows a black beach with waves, the second Camilla as a child with her grandma and the third a picture of Camilla where she's wearing a black top.

Nonostante tutto mi sono trasferita varie volte, ho superato molti ostacoli e ora sto cercando di prendermi cura della mia salute mentale e di trovare il mio luogo nel mondo, che è più difficile di scovare un posto a sedere su un Frecciarossa a Ferragosto. Voglio essere trasparente e condividere tutto ciò che ho provato trasferendomi dall’Austria alla Germania, dalla Germania all’Irlanda, dall’Irlanda al Canada (per amore di un irlandese, of course!) e ogni pena d’amore, traguardo raggiunto e brillante sconfitta. Ritengo che sia necessario leggere e scoprire le turbolenze di persone simili a noi per farci sentire meno soli su questo pianeta che spesso sembra ricoperto da una coltre d’indifferenza.

Ma questi saranno i temi dei prossimi post.

Tópico Introduzione al blog

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