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21 grammi di ricordi

15 maggio, ore 23:47

Sono stati i dieci minuti più lunghi della mia vita. Effettivamente, si è trattato proprio di una vita: un’intera  esistenza condensata in una pastiglia di appena 21 grammi. Mi sento confuso e disarmato, digito  freneticamente sulla tastiera a ologrammi, salvo i dati sul cloud prima di dimenticarmi qualcosa. Devo ritrovare  i report precedenti a questo, per ora credo che cercherò solamente di riposare.

16 maggio, ore 9:23

Mi sono svegliato con la testa dolorante come dopo una grossa sbronza, i ricordi scoordinati che mi  annebbiano ancora la mente. Cerco di non lamentarmi troppo, conoscevo i rischi. La pastiglia sembrava una  normalissima compressa di paracetamolo, un poco più grande, ma decisamente più pesante: mi è sembrato di  ingoiare quattro o cinque monete in un colpo solo. È scivolata in gola con estrema facilità, quasi un ragazzino  sovrappeso che si tuffa saltando dal trampolino e atterrando nel mio stomaco con un tonfo sordo. L’effetto è  iniziato dopo pochi minuti, come se la sostanza avesse voluto darmi il tempo per trovare un posto comodo  dove accasciarmi. Ho scelto il mio divano.

Le sensazioni erano così reali da farmi annaspare e soffocare, piangere e gridare, e poi eccomi: sono nato.  Ho visto subito molta luce, movimenti confusi, poi le mie mani tozze che si muovevano goffamente. Non è  durato più di qualche secondo e già stavo imparando a camminare, allungandomi verso le braccia di mio  padre. In una frazione di secondo ho imparato a parlare, a scrivere, a digitare. Il primo giorno di scuola, i  pranzi di famiglia, le vacanze al mare, sono anche caduto rovinosamente davanti a duecento studenti  universitari, ed ero il loro insegnante. Ho dovuto imparare a camminare di nuovo, riemergendo dall’imbarazzo.  Il matrimonio, il primo figlio, la scelta del nome. Il secondo figlio, il divorzio. Di nuovo, cercare di rinascere, di  imparare tutto da zero. La vecchiaia e i dolori alle ginocchia, infine la morte fredda su un letto d’ospedale. E  poi di nuovo la luce, questa volta quella alogena della mia stanza, nella mia vita reale. Un cerchio luminoso  che riempiva le quattro pareti e filtrava dalle serrande chiuse. Ho vissuto ogni istante della vita di un’altra  persona, condensata in una compressa.

Nel momento che segue la morte, l’essere umano pesa 21 grammi in meno. Fino a pochi decenni fa lo si  considerava il peso dell’anima, gli studi hanno poi dimostrato che non si tratta di questo: è il peso dei ricordi, e  può essere incanalato in una pastiglia grande come l’unghia di un pollice. Elettrodi collegati alla fronte, un ago  all’interno del gomito: l’unica difficoltà è riuscire a estrarre i ricordi entro dieci minuti dal decesso, altrimenti  tutto il processo è nullo. Le compresse vengono poi confezionate e distribuite negli appositi punti vendita:  vietate ai minori di venticinque anni ma vendute senza foglietto illustrativo, dopotutto, chi le compra non è uno  sprovveduto e conosce già effetti e rischi.

Alcune organizzazioni criminali sono riuscite a imitare i macchinari per l’estrazione dei ricordi, e si pensa che  arrivino addirittura ad assassinare le persone, pur di estrarli e rivenderli. Una compressa di ricordi normale  costa infatti migliaia di euro, ma nel caso di celebrità o personaggi influenti le aste superano tranquillamente il  milione. Si tratta pur sempre di un’esperienza unica e irripetibile, per quanto pericolosa. Le compresse  prodotte illegalmente costano molto meno, anche perché il momento della morte, spesso improvviso o  traumatico, viene mascherato con dei finti ricordi che possono causare danni celebrali permanenti a chi le  assume.

Studio gli effetti di questo “farmaco” da molti anni, ma sono convinto che la migliore ricerca sia quella sul  campo. I miei colleghi non sono stati coraggiosi come me. O forse ero io, solo e anziano, a non avere molto da  perdere.

Si tratta di un’esperienza senza precedenti, e nemmeno la nausea o lo spaesamento che ancora provo mi  fanno pentire della mia scelta. In compenso continuo a non trovare i miei appunti cartacei: li avrò lasciati in  laboratorio?

17 maggio, ore 10:58

Sono andato in laboratorio per recuperare i miei appunti ma il personale della sicurezza mi ha bloccato  all’ingresso, chiedendomi di aspettare. Nel frattempo aggiorno questo report e mi porto avanti con i lavori.  Sono sicuro ci sia stato solamente un disguido.

17 maggio, ore 17:12

Mi hanno chiuso in una stanza con altri scienziati, tra cui alcuni miei colleghi. Mi interrogano, cercano di capire  chi sono. Io glielo dico, li chiamo per nome, ma loro continuano a ripetere che quelli che penso essere i miei  ricordi reali sono invece quelli della persona di cui ho assunto i 21 grammi di vita. Mi portano uno specchio e  una mia foto, io non vedo differenze tra le due persone. Cercano di farmi notare che nello specchio ho l’aspetto di un uomo sulla trentina, è un bel complimento, ma non è vero. Sono forse impazziti?

Quando mi mostrano l’articolo di giornale che annuncia la mia scomparsa, presumibilmente per mano di  un’organizzazione criminale, i cosiddetti “ladri di ricordi”, inizio a ricredermi.

Mi chiedono com’era la mia vita prima di assumere il farmaco, e io non so rispondere. Dicono che ho ingoiato  una pastiglia illegale, vogliono sapere da chi l’ho comprata e chi ha ucciso lo scienziato, ma io non lo so, non  ricordo più niente della mia altra vita. Ricordo il mio primo bacio, il funerale di mia madre, il mio matrimonio e i  miei figli, le mie ricerche, ma sono tutte cose che non mi appartengono. Io non sono più nessuno.