Si parla di: economia lombarda, inflazione galoppante, traffico di rifiuti, plastiche all'Indice, produzione e consumi di plastica (in declino), macchine molecolari e Biorepack.
Succede in Italia
Buoni segnali dalla Lombardia
La manifattura lombarda si sta riprendendo dalla crisi pandemica e lo fa spingendo sull'acceleratore più del resto del paese.
Secondo il Centro Studi di Assolombarda, nei primi tre mesi di quest'anno la produzione industriale in Lombardia è aumentata del +8,7% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso, anche se il confronto con il primo trimestre 2019 (non condizionato dalla pandemia) evidenzia un divario del -2,3% ancora da recuperare, che in fondo non è molto profondo, soprattutto se comparato con il -3,4% del dato nazionale. Ma, come nota Assolombarda, il gap è comunque superiore rispetto al -1,6% del Baden-Württemberg e al -1,2% della Catalonia, due regioni industriali comparabili. Un altro dato positivo è la crescita, in aprile, del clima di fiducia, così come gli ordinativi dall'Italia e dall'estero, indicatori della buona tenuta dell'industria. E le attese su domanda e produzione per i prossimi tre-quattro mesi rimangono sui massimi livelli da fine 2018.
Torna l'inflazione, dobbiamo preoccuparci?
Si è parlato molto, in questi ultimi giorni, del riaccendersi dell'inflazione in aprile: +1,6% nell'area euro (contro lo 0,3% dello stesso mese 2020) e +1% in Italia, in crescita rispetto allo 0,1% di un anno fa. Chi, come lo scrivente, è nato e vissuto nella seconda metà del secolo scorso, guarda all'inflazione con preoccupazione o con fiducia, a seconda se la si guardi dal lato di un consumatore o di un esportatore. In ogni caso, l'inflazione non è tutta uguale: c'è quella buona e quella cattiva. Si può parlare di inflazione "buona" se è legata ad una forte crescita economica, mentre è senz'altro "cattiva" e persino "perfida" se accompagnata dalla stagnazione (micidiale mix noto come stagflazione), che le economie occidentali hanno sperimentato negli anni '70 del XX secolo in seguito agli shock petroliferi. Poi c'è quella "nutrale" o temporanea, dovuta a fiammate improvvise dei prezzi, che si riassorbe da sola in mancanza di ulteriori fattori scatenanti (come la scala mobile di italiana memoria).
Noi in quale ci troviamo? La BCE - come ha ricordato il premier Draghi nei giorni scorsi - ritiene che la fiammata dei mesi scorsi sia temporanea, legata alla scarsità di alcune materie prime, prodotti energetici e componenti fondamentali del processo produttivo come i microchip; destinata quindi a sgonfiarsi nel medio periodo e senza effetti sui tassi di interesse.
Potrebbe però incattivirsi se questa tendenza lato offerta dovesse persistere, soprattutto se accompagnata da una bassa crescita, miscela particolarmente pericolosa per il nostro paese.
Guardando ai tassi d'inflazione nei diversi paesi europei, l'Italia si colloca in fondo alla classifica e ciò potrebbe essere persino negativo (se l'inflazione è buona), poiché sintomo di una bassa crescita: non è un caso che dietro di noi si trovino solo Grecia, Portogallo e Malta (grafico sotto), mentre ai primi posti ci sono Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca, dove la dinamica industriale è senz'altro più vivace.
Quanto durerà? Ancora qualche mese sicuramente, in parte perché i prezzi devono recuperare la caduta dell'anno scorso, in parte perché l'inflazione sarà alimentata dalla ripresa dell'attività produtiva, dai consumi e dagli stimoli fiscali e monetari messi in campo dai Governi per rilanciare l'economia.
Per quanto concerne il nostro paese, l'inflazione acquisita per il 2021 è del +1,2%, un valore non ancora preoccupante. Senza contare che l'inflazione fa bene al debito pubblico, espresso in valori nominali.
Altri orizzonti
Insospettabili trafficanti di shopper
Una notizia che in Italia sarebbe passata quasi inosservata, ha scatenato in Europa una polemica che ha travolto persino Downing street.
Secondo un'indagine condotta da Greenpeace, corredata da foto (“Trashed: how the UK is still dumping plastic waste on the rest of the world (Si apre in una nuova finestra)”), la Turchia è uno dei principali centri di raccolta e smaltimento illegale di rifiuti plastici provenienti da Germania e Regno Unito, soprattutto sacchetti e imballaggi in plastica che riportano bene in vista le etichette di alcune importanti catene di supermercati dei due paesi. Le foto sono eloquenti, pubblicate per colpire l'opinione pubblica: rifiuti abbandonati sul ciglio delle strade, nei campi e nei corsi d'acqua, cataste di plastica ancora fumanti, "a tremila chilometri di distanza dai negozi in cui i prodotti sono stati venduti", come sottolinea l'associazione ambientalista, che calcola in 241 i camion di rifiuti plastici che attraversano la frontiera turca provenienti da tutta Europa.
Greenpeace UK ha usato il rapporto per attaccare il Governo inglese (come si può vedere nello spot qui sotto, intitolato "Wasteminster. A Downing street disaster"), accusato di non fare abbastanza per riciclare i propri rifiuti, sottovalutando il problema (se ne producono troppi, se ne riciclano troppo pochi) e scaricandolo su paesi lontani: prima la Cina, poi Malesia e Sudest asiatico e, man mano che questi paesi introducono regolamenti restrittivi, in altre aree del globo, vicine e lontane.
https://youtu.be/a7_yATyCskM (Si apre in una nuova finestra)Come dire: ognuno, sotto sotto, ha la sua terra dei fuochi, anche se chi è più furbo i roghi non li accende dentro casa, ma nel giardino del vicino.
Colpito di sponda anche il Governo turco, che per far vedere di non essere consenziente ha deciso di vietare l'importazione di rifiuti a base di polietilene (codice merceologico 3915.10.00.00), dopo aver bandito l'anno scorso l'import di plastiche miste.
Produttori di plastiche alla gogna
Come se non bastasse il siluro di Greenpeace, è dei giorni scorsi la pubblicazione del rapporto “Plastic Waste Makers Index (Si apre in una nuova finestra)” da parte della Minderoo Foundation: si tratta di una lista dei grandi gruppi finanziari e industriali tra cui spiccano tutti i produttori di commodities plastiche, accusati di essere responsabili (non si capisce bene a quale titolo) della produzione del 90% di tutti i rifiuti plastici "single-use". Notare che si tratta di produttori di materie plastiche, non di articoli monouso e nemmeno utilizzatori. I primi venti della lista sarebbero responsabili del 55% di questi rifiuti.
Nella lista "di proscrizione" vengono elencati anche cento investitori o holding industriali e altrettante banche, si suppone colpevoli di lavorare con i produttori di plastica (con l'intento di farle recedere dall'errore, probabilmente).
Nella migliore delle ipotesi si tratta di un inutile esercizio di enumerazione, che nulla spiega sulle dinamiche che determinano l'inquinamento da plastica e su come risolverlo. Nella peggiore, è uno dei molti attacchi all'industria chimica, ritenuta come al solito generatrice di nefandezze ambientali.
Intanto la plastica frena
Supponiamo con grande gioia dei fautori della decrescita felice, PlasticsEurope ha diffuso le prime stime su produzione e consumi di plastica nel 2020 (articolo completo su Polimerica (Si apre in una nuova finestra)): come si può intuire, i numeri riflettono un anno caratterizzato dalla pandemia.
A livello mondiale la produzione è rimasta pressoché stabile (-0,3% sul 2019) a 367 milioni di tonnellate, ma si tratta di un valore aggregato che nasconde tendenze opposte: crescita in Cina e decrescita in Europa, con il Nord America fermo a mezza via. Di conseguenza, la Cina ha aumentato la sua penetrazione sul mercato globale dal 31 al 32 percento, mentre la plastica europea è scesa del 16 al 15 percento. Il declino dell'industria plastica europea a favore di quella asiatica è però un trend di medio periodo, che la pandemia ha solo accelerato. Basti considerare la dinamica degli investimenti in nuovi impianti, concentrata ormai in Cina, Stati Uniti e Medio Oriente. I problemi di approvvigionamento di oggi, per i trasformatori europei, sono solo la spia di quello che probabilmente sarà endemico domani.
PNNR a che punto siamo?
Sono quasi una ventina i Piani di ripresa e resilienza (PNRR) inviati dagli Stati membri alla Commissione europea, tra i quali anche il nostro. In compenso, sei paesi (Austria, Estonia, Ungheria, Irlanda, Paesi Bassi e Romania) non hanno ancora ratificato la decisione sulle risorse proprie, senza la quale - come si dice - non c'è trippa per gatti.
Entro fine giugno, la Commissione presenterà le prime proposte di approvazione dei Piani al Consiglio, che avrà un mese di tempo per convalidarle.
Chimica domani
Arrivano le macchine molecolari
Meccanica e chimica si fondono idealmente nel progetto NanoGear al quale sta lavorando un team di ricercatori dell'Università di Bologna guidato da Massimo Baroncini e Alberto Credi. E forse non è un caso che, essendoci di mezzo la meccanica, la ricerca si faccia in Emilia Romagna, dove si trova la "Motor Valley" italiana.
Con i motori, però, non c'entra niente. I ricercatori bolognesi hanno creato il prototipo di nano-ingranaggio su scala molecolare, nanometrica. La molecola scelta a questo scopo appartiene alla classe dei rotassani ed è costituita da tre componenti: un anello che può scorrere lungo un asse al centro del quale è installato un rotore. "L’anello è libero di scorrere lungo l’asse per tutta la sua lunghezza, ma non può sfuggire perché due gruppi ingombranti (stopper) posizionati alle estremità dell’asse gli impediscono di sfilarsi - spiega Massimo Baroncini -. Il rotore è libero di ruotare attorno al proprio asse e possiede due pale differenti per facilitare l’osservazione del movimento”.
L’elemento progettuale principale di NanoGear risiede nel fatto che il rotore è legato direttamente all’asse con un legame chimico (covalente) vero e proprio, mentre l’anello è bloccato meccanicamente intorno all’asse dalla presenza degli stopper. "Sia la traslazione dell’anello che la rotazione delle pale sono oscillazioni casuali determinate dall’energia termica della molecola; in altre parole, l’ingranaggio non è accoppiato a nessun motore ed opera in folle".
A cosa possa servire, ancora non è chiaro: ma come è successo per molte invenzioni del passato, prima o poi qualcuno scoprirà come usare queste "diavolerie" molecolari.
L'articolo scientifico ("Stereodynamics of E/Z isomerization in rotaxanes through mechanical shuttling and covalent bond rotation (Si apre in una nuova finestra)") è stato pubblicato sulla rivista scientifica Chem.
Da leggere
C'è posta per (MI)TE
Il Ministero della Transizione ecologica ha lanciato una nuova newsletter, con cadenza mensile, che godrà del supporto scientifico delle 10 Direzioni Generali del dicastero. "Uno strumento di informazione e trasparenza, di facile accesso e consultazione, con notizie corredate di link a eventuali documenti integranti, resoconti e altri materiali utili all'approfondimento", spiega lo stesso ministero.
"L’obiettivo è assicurare la condivisione delle informazioni sulle principali attività prodotte dal MiTE, sia all’interno del sistema della Pubblica Amministrazione, che all’esterno, ai cittadini, alle aziende, alle parti sociali, alle associazioni. Condivisione delle informazioni quale strumento per arrivare a una partecipazione diffusa al lavoro del Ministero della Transizione Ecologica".
Le premesse sembrano buone.
Il MITE ha inoltre appena pubblicato "La rivoluzione verde nel PNRR, azioni, riforme, missioni e obiettivi per rendere l'Italia protagonista della transizione ecologica (Si apre in una nuova finestra)", una scheda che illustra in modo sintetico gli effetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza italiano sull'ambiente e sull'economia circolare.
Da vedere
Andare oltre le apparenze
Il nuovo Consorzio Biorepack per il recupero e riciclo di imballaggi in plastica compostabile si fa avantie con una campagna informativa che punta a diventare virale sui social: “Oltre le apparenze”.
Il messaggio è semplice, i due testimonial accattivanti. Quello che sembra plastica può non esserlo, controlla sempre ogni imballaggio e metti la bioplastica compostabile nell’umido, a meno che non sia un sacchetto, in quel caso usalo per raccogliere i rifiuti organici: questo è il messaggio. Protagonisti dei due video sono un uomo nerboruto e una tenera bambina, che si rivelano per quello che non sono.
L'idea, tutto sommato, sembra buona.
Mi piacerebbe ricevere vostri commenti, critiche e consigli su contenuti, taglio editoriale (troppo lunga, troppo corta?), livello di approfondimento e interessi. Potete commentare sia sulla pagina di PoliMoka (Si apre in una nuova finestra) che riporta gli stessi contenuti della newsletter, ospitata in Steady, oppure inviandomi una mail a contatta@polimoka.it (Si apre in una nuova finestra)