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1° maggio, Festa dei lavoratori e delle lavoratrici. Sfruttamento, lotte, liberazione: Speciale MicroMega+

Speciale MicroMega+ del 1° maggio: 
In un mondo dominato dalla finanza globale, il lavoro è sempre più misconosciuto, e i diritti di lavoratori e lavoratrici sono costantemente sotto attacco. Ma, come ci ricorda Pierfranco Pellizzetti (Si apre in una nuova finestra), nel nostro Paese lavoro, diritti e democrazia viaggiano di pari passo, come è sancito dall’articolo 1 della nostra Costituzione, che vuole la Repubblica italiana fondata proprio sul lavoro.
E da questo punto di vista, 
come ci illustra l’avvocato giuslavorista Domenico Tambasco (Si apre in una nuova finestra), in Italia stiamo vivendo persino una rinascita del diritto del lavoro, grazie a una serie di pronunce innovatrici della Corte di Cassazione che concorrono alla sua riforma dall’interno.
Da un punto di vista dei diritti e delle tutele, tuttavia, la situazione non è rosea. Continua a essere necessario portare all'attenzione le condizioni della categoria meno vista, quella delle donne 
come ci racconta Alessandra Testa (Si apre in una nuova finestra), le quali oltre a percepire un reddito inferiore rispetto a quello maschile sono spesso costrette a fare scelte drastiche e penalizzanti in seguito alla maternità. Invisibili sono anche i braccianti soggetti al caporalato, le cui radici – come ci spiega Fabio Ciconte (Si apre in una nuova finestra) – non vanno ricercate solo sui campi di lavoro, ma anche tra gli scaffali dei supermercati. Difficile anche la condizione dei lavoratori digitali, che vivono una condizione disgregata e atomizzata, e che stanno dando vita a sindacati e associazioni di cui Fabio Bartoli ci presenta uno spaccato (Si apre in una nuova finestra).
Secondo Anselm Jappe (Si apre in una nuova finestra), però, il problema di fondo è che nell’attuale società il lavoro non soddisfa più veri bisogni umani, essendo totalmente asservito alla produzione capitalistica. Per il filosofo dovremmo quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, reinventandone altre sulla base dei risultati che – individualmente e collettivamente – si vogliono raggiungere.

Buona lettura, e soprattutto: buon Primo maggio a tutti i lavoratori e le lavoratrici!

Ecco gli articoli che compongono questo numero speciale:
Fondata sul lavoro (Si apre in una nuova finestra) di Pierfranco Pellizzetti
Il presidio di democrazia fondamentale rappresentato dal lavoro, l’abbrivio della nostra Costituzione, dipende innanzitutto dalla sua dimensione conflittuale e di classe: contrastare, mettendosi al centro dei processi produttivi, la tendenza padronale a passare dall’egemonia al dominio; la sua intrinseca avidità, che tende alla mercificazione sistematica e all’accumulazione per esproprio, e che persegue il fine, per la via finanziaria e per quella tecnologica, di poter fare a meno dei lavoratori. E se vengono a mancare i lavoratori, viene a mancare la democrazia. Questo articolo è tratto dal volume 1/2024 di MicroMega, "La Costituzione e i suoi nemici" (Si apre in una nuova finestra).

La primavera del diritto del lavoro (Si apre in una nuova finestra) di Domenico Tambasco
Cosa sta accadendo nel mondo del diritto? Una serie di pronunce innovatrici della Corte di Cassazione sta recentemente riformando dall’interno il diritto del lavoro, nonostante la cronica assenza del legislatore. In questo breve viaggio nel tunnel del dominio neoliberista, tra masse di “imprenditori di sé stessi” e Grandi Dimissioni, una luce appare in lontananza.

Il lavoro invisibile delle donne (Si apre in una nuova finestra) di Alessandra Testa
Se le condizioni del lavoro sono complessivamente peggiorate per tutti negli ultimi decenni in Italia, il lavoro delle donne è stato nettamente il più penalizzato. Costrette dalla maternità (effettiva o potenziale) a scelte sacrificate e di povertà, molte percepiscono un reddito inferiore rispetto a quello maschile, sono precarie, e spesso invisibili. 

Dai campi ai supermercati: come e perché si riproduce il sistema di caporalato (anche nel Nord Italia) (Si apre in una nuova finestra) di Fabio Ciconte
Se nell’immaginario collettivo caporalato vuol dire ghetto – una baraccopoli dove vivono migliaia di persone in condizioni drammatiche – affinché vi siano simili forme di sfruttamento non è necessaria la presenza di ghetti o masserie abbandonate. Ed è proprio questo quello che accade in molte province del Centro e del Nord Italia, dove ormai il fenomeno ha saputo allargarsi a macchia d’olio. Per capire fino in fondo le ragioni di questo fenomeno dobbiamo abbandonare la campagna e addentrarci in un qualsiasi supermercato: è lì che troveremo gli indizi che ci faranno scoprire le ragioni dello sfruttamento. Perché se è vero che le origini, le forme e le dimensioni del caporalato hanno radici profonde, è anche vero che il mondo agricolo deve fare i conti con un prodotto che viene retribuito meno del dovuto.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli (Si apre in una nuova finestra) di Fabio Bartoli
La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.

Liberazione del lavoro o dal lavoro? (Si apre in una nuova finestra) di Anselm Jappe
Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati

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