Passa al contenuto principale

L’Occidente è buono o cattivo?

Gira molto in queste ore (sui social, s’intende) un video in cui il giornalista Federico Rampini presenta il suo nuovo libro intitolato “Grazie, Occidente!”. Rampini parte dicendo che queste due parole (“grazie” e “Occidente” insieme) sono due parole che non si trovano da nessun’altra parte se non nel suo libro. E prosegue spiegando che “tutto il bene che noi abbiamo fatto a noi e agli altri” è il tabù supremo della nostra epoca. La parte più discussa e contestata del video è quella in cui Rampini dice che per quanto sui media e nelle università non lo si dica “miliardi di esseri umani, cinesi, indiani, africani, sudamericani, sono vivi grazie a noi”. Come esempi porta i vaccini inventati in Occidente, la scienza medica occidentale, l’agronomia e l’istruzione di massa di derivazione occidentale. 

Una buona fetta di reazioni al video di Rampini si possono riassumere in un termine: suprematismo. Il discorso che fa il giornalista di Repubblica viene messo nell’insieme dei discorsi - più o meno razzisti - secondo cui noi occidentali siamo meglio degli altri popoli. Ma, benché legittima, questa è una lettura a cui manca un po’ di carità interpretativa -- e cioè di sforzo fatto con onestà e disponibilità per capire il nostro prossimo.

Da tempo Rampini scrive e parla pubblicamente di questo tema: l’Occidente a cui, proprio in Occidente, non si dà credito e non si riconoscono eccellenze e meriti. Il motivo è che Rampini dice queste cose come una risposta alla retorica di una specifica parte politica: la sinistra. Certo, non tutta la sinistra, ma una sinistra più “massimalista” e storicamente estremamente critica soprattutto verso l’Europa e gli Stati Uniti.

Rampini coi suoi discorsi (a volte ragionevoli a volte molto meno) è come se volesse controbilanciare un messaggio opposto, e dire che tutti coloro che se la prendono con l’Occidente come fosse il male assoluto del pianeta e della storia - con le guerre coloniali, con le bombe atomiche, con lo schiavismo, con il capitalismo eccetera - sbagliano. Sbagliano perché in Occidente ci sono state grandi menti, ottime idee politiche ed eccellenti innovazioni. E sbagliano poi perché anche i popoli non-occidentali hanno dato prova di conquiste imperiali, torture, disparità di potere e altre cose che oggi giudichiamo a ragione orrende e sbagliate. Rampini dice spesso anche un’altra cosa (e che è vera): nessun'altra parte del mondo pratica un’autofustigazione così plateale e aspra verso la propria storia. 

C’è però da fare un ulteriore allargamento del cerchio: se ciò che dice Rampini va visto all’interno di una dialettica tra parti politiche; è vero altrettanto che l’odio che una certa sinistra prova verso l’Occidente è anch’esso una risposta. Una risposta all’esaltazione dell’Occidente come unica culla della civiltà; al suprematismo bianco, all’Occidente come esclusivo nido di libertà, prosperità e diritti. Messa in termini più strettamente politici: la sinistra che detesta l’Occidente è un prodotto di un’estrema destra nazionalista e suprematista che ha usato proprio il mito dell’Occidente per giustificare le sue nefandezze.

Ogni discorso politico che sui social galleggia senza contesto, insomma, è in realtà sia rivolto al pubblico generalista sia orientato a una specifica parte politica a cui si vorrebbe controbattere, con cui si vorrebbe polemizzare. 

Senza contesto adeguato succede che i discorsi anti-occidentalisti della sinistra più massimalista ci sembrano delle arrabbiature idealiste e ingiustificate, e i discorsi anti-anti-occidentalisti come quello di Rampini sembrano suprematisti. Un loop infinito di incomprensioni dovute, soprattutto, all’assenza di premesse e a una fisiologica incompletezza dei discorsi.

Una soluzione però non c’è: il discorso di Rampini può non piacerci ma non si può pretendere da un giornalista che parla di questi temi che specifichi, ogni volta che parla, a quale bolla politica si rivolge e risponde, ripartendo dalla storia delle crociate e di Colombo. Se succedesse perderemmo ogni capacità di esprimerci. Perderemmo ogni capacità di brevità del discorso, ci vorrebbero ore (se non giorni o settimane) di premesse per dire qualsiasi cosa. E la comunicazione, semplicemente, non ci sarebbe più.

In un certo senso quindi farsi capire da tutti è un obiettivo da abbandonare a priori. Ci sarà sempre chi, nel marasma anarcoide della comunicazione via social, esprime dissenso verso una frase, un video, uno spezzone o un discorso ignorando più o meno platealmente il contesto in cui quel video o quel discorso nascono. (Su questi temi ha scritto molto bene un autore italiano, Raffaele Alberto Ventura, nel suo “La regola del gioco”).

C’è da dire infine che i social e il come stanno evolvendo (micro-video rapidissimi in cui la fruizione più emotiva è incentivata, foto pubblicate e condivise senza contesto, estrema brevità e un consumo dei contenuti sincopato) non possono certo aiutarci a migliorare questa situazione di difficoltà nel capirci tra noi. E nemmeno ci aiuteranno a migliorare le nostre capacità di allargare i discorsi, includere le premesse e allenare una carità nell’interpretare ciò che ci capita di leggere o ascoltare. 

Enrico

(Si apre in una nuova finestra)
Franco Angeli, Senza titolo, 1966, Courtesy Casa d'aste Pananti

Gli ultimi articoli di L’Indiscreto

  • Contro il tabù delle intelligenze artificiali a scuola – Esamina i pregiudizi verso l’uso delle IA nell'istruzione, sostenendo che potrebbero potenziare l’apprendimento se usate in modo critico e consapevole.
    Leggi di più (Si apre in una nuova finestra)

  • La nostra autenticità è preconfezionata e manipolata dai brand – Analizza come i marchi commerciali influenzano la costruzione dell'identità personale, creando un'autenticità "artificiale".
    Leggi di più (Si apre in una nuova finestra)

  • È difficile camminare se sei una donna – Esplora il tema della mobilità urbana dal punto di vista delle donne, mettendo in luce le difficoltà e le insicurezze che affrontano.
    Leggi di più (Si apre in una nuova finestra)

  • Capire Tokyo (o provarci) – Una guida personale e culturale alla comprensione di Tokyo, una città dalle complessità apparentemente impenetrabili per chi la osserva dall'esterno.
    Leggi di più (Si apre in una nuova finestra)

Dalle riviste culturali online

  • Cioran, il nulla è per tutti di Marco Ercolani (Doppiozero)
    Una riflessione filosofica sul pensiero di Emil Cioran e la sua visione pessimistica della vita e dell'esistenza, che tuttavia trova eco nelle problematiche esistenziali contemporanee.
    Leggi l'articolo completo (Si apre in una nuova finestra)

  • Lavorare cambia (Lucy)
    Questo numero di Lucy esplora le sfide legate al mondo del lavoro, dalla letteratura operaia in Cina e Italia all'intervista con Federico Faggin su tecnologia e coscienza. Vengono trattati anche temi come la precarietà e il desiderio di carriera, offrendo una riflessione profonda su come il lavoro influenzi la nostra società e identità.
    Leggi l'articolo completo (Si apre in una nuova finestra)

  • Mapping the Mind of a Language Model (Anthropic)
    L'articolo esplora come i modelli linguistici avanzati, come GPT, elaborano e comprendono il linguaggio. Utilizzando strumenti di mappatura delle reti neurali, i ricercatori di Anthropic mostrano come questi modelli sviluppano rappresentazioni interne per riconoscere concetti, elaborare domande e rispondere in modo efficace. Il focus è sulla comprensione dei meccanismi cognitivi dei modelli AI.
    Leggi l'articolo completo (Si apre in una nuova finestra)

  • Quando la violenza coloniale tornò a casa di Pankaj Mishra (Internazionale)
    L’articolo esplora come la violenza imperialista dell’Occidente, per secoli imposta sui popoli colonizzati in Asia e Africa, sia infine ritornata in Europa con la Prima Guerra Mondiale. Mishra mette in luce come l’ordine globale basato sulla supremazia bianca e sull’imperialismo abbia destabilizzato le identità occidentali e alimentato tensioni che ancora oggi influenzano la politica contemporanea. Il testo riflette sulle connessioni tra colonialismo e le crisi moderne, mettendo in discussione la narrativa europea di progresso e democrazia.
    Leggi l'articolo completo (Si apre in una nuova finestra)

  • C.S. Peirce’s "A Neglected Argument for the Reality of God" (1908) (Footnotes2Plato)
    Questo articolo analizza il celebre saggio di Charles Sanders Peirce, "A Neglected Argument for the Reality of God". L'autore esplora il ragionamento di Peirce, basato su un approccio scientifico alla teologia, dove l'argomento della realtà di Dio è fondato su esperienze comuni e sul metodo deduttivo. Si approfondisce il significato del pragmatismo di Peirce nella filosofia contemporanea.
    Leggi l'articolo completo (Si apre in una nuova finestra)

  • Intelligenza artificiale e arte: gli artisti che usano gli errori dell’AI (Wired Italia)
    L'articolo descrive come alcuni artisti utilizzano gli errori e le imperfezioni delle intelligenze artificiali per creare opere d'arte. Esplorando l'estetica del glitch e l'imprevedibilità dell'AI, questi artisti trovano nuove forme di espressione attraverso la collaborazione con macchine, trasformando i difetti in creatività.
    Leggi l'articolo completo (Si apre in una nuova finestra)

Questa newsletter è parte dell'allargamento dell'offerta dell'Indiscreto, per coinvolgere sempre più lettrici e lettori in un esperienza di lettura e di divulgazione collettiva. Per supportarci in questo cammino, che va avanti ormai dal 2015, puoi abbonarti scegliendo una delle nostre 4 forme di abbonamento: oltre alla newsletter riceverai l’accesso all’archivio digitale delle Edizioni Pananti, la nostra pubblicazione annuale cartacea a tiratura limitata e sconti sui libri dei nostri sponsor Aboca Edizioni e Olschki edizioni.

0 commenti

Vuoi essere la prima persona a commentare?
Abbonati a L'Indiscreto e avvia una conversazione.
Sostieni