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Calcerò #13 - Grande è la confusione sotto il cielo

… quindi la situazione è ottima

Ben ritrovati.
Calcerò-Il futuro del pallone compie oggi un anno. La prima newsletter (questa (Si apre in una nuova finestra)) è uscita l’11 febbraio 2022.
Due settimane più tardi è cominciata una guerra.

Io sono Lorenzo Longhi (Si apre in una nuova finestra) e l’archivio dei numeri precedenti si può consultare qui (Si apre in una nuova finestra). Calcerò si può sostenere a questo link (Si apre in una nuova finestra) con la cifra che volete.
La mail per contattarmi è calcero.newsletter@lorenzolonghi.com (Si apre in una nuova finestra).
Iniziamo.

COMPLOTTO

Ma la Superlega è viva o morta? A poche settimane (un mese, due?) dalla pronuncia della Corte di Giustizia Europea, a pochi giorni da una decisione ad essa favorevole della Corte d’Appello provinciale di Madrid (che in sostanza vieta a FIFA e UEFA, e alle federazioni nazionali, di sanzionare i club promotori del nuovo format), l’amministratore delegato di A22 Sports Management, Bernd Reichart, ha riproposto il progetto riveduto e corretto - A22 è il soggetto incaricato di promuovere la Superlega: il decalogo e la spiegazione li potete trovare a questo link (Si apre in una nuova finestra) - della nuova competizione. Il che, unito alle iniziative della giustizia sportiva in Italia nei confronti la Juventus (indagini figlie dell’inchiesta Prisma) e di quella della Premier League sul Manchester City (un’indagine di cinque anni, mai uscita sui media, come peraltro dovrebbe sempre accadere, ma che appena uscita ha alterato un Guardiola (Si apre in una nuova finestra) pronto a prendere strenuamente le difese del club), ha ringalluzzito chi crede in un rapido sconvolgimento dell’ordine costituito e vede in ciò che sta accadendo una regia.
Ebbene no, spiace dirlo, ma non c’è nessun complotto.

MAO

“Grande è la confusione sotto il cielo, quindi la situazione è ottima”. Questo paragrafo è la title track del numero 13 di Calcerò. l’autore del testo è Mao Tse-Tung, perché quando si alza un polverone e si crea scompiglio a guadagnarci è soprattutto a chi quell’ordine in qualche modo mira a scardinarlo. Pertanto, anche se l’idea attuale è totalmente diversa da quella originaria, tutto serve ad alzare la sabbia e riprendere qualche punto dopo il tonfo iniziale, anche perché Real Madrid, Barcellona e Juventus (dimissionato Andrea Agnelli, Elkann ha detto di voler “cambiare il calcio anche con il Governo” ma non ha abbandonato i sodali Perez e Laporta, né l’hanno fatto, pur rimanendo nascosti, anche altri club) continuano a perorare la causa e hanno un peso specifico comunque non irrilevante.
A22 racconta ora di una competizione aperta e alternativa alla Champions League, “con più divisioni e da 60-80 squadre” in cui “i club partecipanti dovrebbero continuare a essere pienamente impegnati nei tornei nazionali come fanno oggi”, una lega attenta anche alla “necessità di bilanciare, rafforzare e rendere più competitivi i tornei nazionali in tutto il continente”. Messa così, sembra il Brasileirão in salsa europea, forse con formula a più gironi. Affascinante, senza dubbio, ma il decalogo lascia aperti tutta una serie di aspetti non esattamente banali, dal numero delle partite (c’è un passaggio paradossale, per una breakaway league, ma importantissimo in termini istituzionali: “È altresì importante che i club e i giocatori europei non siano obbligati a partecipare a tornei allargati o nuovi imposti da parti terze”) ai requisiti di ingresso, ma in fondo oggi A22 punta principalmente a riposizionarsi e a sfruttare un caos che durerà sino almeno all'estate, penalizzando campionati nazionali e coppe oltre che, probabilmente, qualche asta sui diritti televisivi.

REGOLE

Al di là di principi meravigliosi e appena accennati (perché oggi non vincolanti), tipo quello della sostenibilità finanziaria, la quale in teoria è un mantra anche dell’UEFA che però ha fallito in materia, restano dubbi che aumentano il caos percepito. Se il progetto mirasse davvero a sostituire la Champions League (e anche altre coppe evidentemente), così come rilanciato - garantirebbe un minimo di 14 partite per ogni club - porterebbe con sé una serie di problemi di date e di calendario, ma significherebbe anche la presenza dei club di Premier, cosa che ai padroni americani piacerebbe eccome ma che tanti considerano improponibile. Viene poi difficile ipotizzare le medesime regole valide per club affiliati a federazioni diverse e governati da logiche amministrative differenti: è un problema enorme anche dell’UEFA, e potrebbe essere risolto solo con una lega chiusa o quasi, capace di darsi da principio ed ex novo regole convincenti e meccanismi distributivi (e sanzionatori, con una giustizia di lega e non diverse giustizie federali, peraltro spesso a rischio per i confini labili dell’autonomia sportiva) chiari e omogenei. Cosa che, ad esempio, può fare la MLS, ma che la stessa UEFA ha dimostrato non essere capace di garantire per le sue competizioni di club. Difficile insomma pensare che anche questa idea, così com’è, sia quella definitiva.

Per contro, gran parte dei campionati nazionali non sono stati capaci di rimanere al passo con i tempi, con le federazioni incapaci di normare alcuni aspetti amministrativi i cui danni si vedono oggi e hanno miseramente fallito nel ruolo di regolatori creando situazioni paradossali (basti pensare agli indebitamenti ciclopici di Real Madrid e Barcellona, ma quanto varrebbe la Liga senza di loro?), perché rimasti ancorati a modelli che i pesci grandi hanno utilizzato per mangiare anche le briciole di quelli piccoli. Inutile girarci attorno: la maglia del Milan è riconoscibile nel mondo, quella della Cremonese no, quella dell’Atletico Madrid sì, quella del Getafe no, e i potete sovrapporre ai nomi di Cremonese e Getafe quelli di almeno un’altra dozzina di club dei rispettivi campionati e, dall'esplosione dei social in avanti (vedi qui la puntata della newsletter intitolata "La maglia di Haaland" (Si apre in una nuova finestra)) addirittura i calciatori hanno iniziato a essere più seguiti dei club. In tutto questo si è salvata e ha proliferato la Premier. Perché? Perché ha ragionato come lega, non come federazione, anche se oggi più che mai - proprio perché è stata l'unica a ragionare così - certi ingaggi può permetterseli solo lei e questo rischia di creare una bolla.

BOCCIATURA

Grande è la confusione, appunto, a maggior ragione ora che si attende la pronuncia della Corte di Giustizia Europea. Diversi commentatori, dopo le conclusioni dell’Avvocatura generale, vedono come certa la bocciatura e sono pronti a celebrare il funerale delle istanze dei wannabe secessionisti, ma in realtà la Corte si esprimerà sulla violazione o meno delle norme antitrust da parte di UEFA (e FIFA), e se boccerà il ricorso di European Super League comunque non potrebbe vietare a chicchessia di proporre un nuovo torneo. Qui però si torna all’attrattività dei campionati nazionali, quelli che, secondo Javier Tebas, generano il 75% degli introiti del calcio europeo. Si tratta di una statistica che personalmente non ho, ma della quale non ho motivo di dubitare. Tuttavia non vale nulla se, come sembra, all’interno di essa si considera anche la Premier League odierna. Tolta quella, con il suo formidabile appeal sui mercati di tutto il mondo, è plausibile che la percentuale si aggiri intorno al 50%, ed è abbastanza poco, specie considerando che all’interno degli stessi campionati nazionali la sperequazione negli anni è aumentata a dismisura e, come si accennava prima, l’appeal ce l’hanno solo le grandi.

Tebas, soprattutto in Italia e soprattutto su qualche giornale il cui proprietario è presidente di un club nobile e storico, passa per essere un illuminato, ma non si può non notare come gli anni di gloria della Liga siano coincisi con gli anni migliori della diarchia Messi-Ronaldo rispettivamente al Barcellona e al Real Madrid, né si può dimenticare che Tebas per primo, oltre ad avere portato la Supercoppa in Arabia Saudita, si è più volte esposto con l’idea di portare all’estero alcune delle grandi sfide della Liga. Scelte di business, non di etica e, almeno in questo senso, sarebbe meglio svestire la maschera: non c'è niente di male nel dire la verità. Qualche giorno fa, peraltro, sulle pagine social della Liga era uscita una grafica che annunciava il prossimo Clasico Barcellona-Real Madrid a Città del Messico. Gran parte delle testate online ha ripreso la notizia così, sebbene il messaggio sia stato cancellato poco dopo e dalla Liga poi abbiano chiarito (più o meno) che il 18 marzo in realtà a Città del Messico ci sarà solamente l’installazione di un maxischermo per la partita. Un watch party, l’hanno chiamato. Non è la stessa cosa, almeno non ancora, perché Tebas lo vorrebbe. E brucerebbe da matti se il suo sogno dovesse magari realizzarlo Florentino Perez, in un’altra competizione.

Triplice fischio.

MIXED ZONE: PLAYLIST

QuattroTreTre ha chiuso poco meno di due anni fa. Siccome sono i giorni di Sanremo e sono troppo poco snob per far finta di niente, oggi chiudiamo con una playlist uscita allora su quella testata (Si apre in una nuova finestra) (dove l'inizio dell'articolo si mangiò un "De" che nessuno corresse...). Primo classificato Il Generale & Ludus Pinsky, premio della critica a Max Collini (con il quale, anni fa su Radio Città del Capo a Bologna, realizzammo le dirette sovietiche dei Mondiali in Good bye Yashin).
Il resto è comunque abbastanza godibile. Buon divertimento!

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Ci rileggiamo l’11 marzo.

Calcerò - il futuro del pallone è la newsletter mensile sul domani del calcio. Il giorno 11 di ogni mese arriva puntuale nella tua casella. È curata da Lorenzo Longhi (Si apre in una nuova finestra)