S1 E10

LA NEWSLETTER DEL GIOVEDÌ DI ANDREA BATILLA
IL SENSO DEL CAMBIAMENTO

Li abbiamo visti con gli occhi
E un silenzio nel cuore arrivare
Li abbiamo visti dal nulla, apparire di notte
Dal nulla del mare
Li abbiamo visti cadere in silenzio
In un volo irreale
Erano tanti e scendevano lenti come neve sul mare
Ed era pioggia battente, era fuoco, era grandine e sale
Era estate, era inverno, era un attimo eterno
Eran figli all'altare
Li abbiamo visti che pena cadere come gigli sul mare
Li abbiamo visti spezzati cadere come agnelli all'altare
Il testo di Normandia, una canzone del 1994 poco conosciuta di Fiorella Mannoia scritta da Piero Fabrizio, parla dei soldati americani paracadutati in terra francese durante la Seconda Guerra Mondiale. Se sopravvivete all’eccesso di sentimentalismo e provate a pensare che i protagonisti non sono combattenti ma direttori creativi, lanciati indifesi su un campo di battaglia che non conoscono, la metafora diventa drammaticamente attuale e mette i brividi.
Da quando i requisiti per assumere la direzione di un brand, grande o piccolo che sia, sono diventati sovrumani il mondo della moda è cambiato. Da quando un designer deve anche essere un esperto di marketing, di comunicazione, di strategie commerciali e di retail e lui stesso una celebrity spendibile su ogni medium possibile, il ruolo è diventato insostenibile. Senza parlare di quelli che hanno deciso di cambiare mestiere, di quelli che sono finiti in un rehab o di quelli che si sono uccisi. Per capire il livello di confusione rispetto a questo ruolo basta vedere il vorticoso cambio di direttori creativi che sta accadendo nell’ultimo anno e che continuerà ad accadere nel 2025.
I brand che hanno cambiato direttore creativo recentemente o che lo cambieranno entro l’anno sono:
Tod’s-Versace-Valentino-Maison Margiela-Ferragamo-Marni-Fendi-Dior Uomo-Dior Donna-Gucci-McQueen-Givenchy-Missoni-Jil Sander-Blumarine-Bally-Dries Van Noten-Rochas-Tom Ford-Chloè-Loewe-Chanel-Cèline-Balenciaga
Il toto nomi sta diventando più popolare del calcio mercato, più seguito della serie televisiva Severance e più schizofrenico degli indici del Nasdaq. Tutti esprimono opinioni, semplicemente perché lo possono fare, senza pensare che prima, magari, bisognerebbe riflettere.
Il processo creativo o progettuale è una bestia nera che ha delle dinamiche che a molti appaiono ancora misteriose. Da dove venga quella scintilla che fa improvvisamente risorgere un brand, gli fa acquisire coolnes nel giro di una notte, lo proietta in cima alla lista dei desideri, nessuno sembra saperlo.
I critici di moda in genere fanno un lavoro a posteriori tentando di ricostruire il successo di un brand, a volte cogliendo nel segno, a volte no. Gli analisti finanziari che vivono lontani centinaia di chilometri dagli uffici stile, tendono a parlare in maniera generica di forti personalità o identità precise, senza spiegare a quali caratteristiche si stiano riferendo.
Un processo creativo è qualcosa che può essere smontato e ricostruito esattamente come il castello dei Cavalieri del Leone fatto di mattoncini Lego. Ci si può guardare dentro, lo si può ribaltare, gli si può dare nuova benzina ma lo si può anche sovvertire in modo drastico e, ovviamente, lo si può resettare facendo ripartire tutto da zero.
Il primo errore che si compie nell’analisi chirurgica di tutto ciò che c’entra con la fantasia (che non per niente nelle lingue neolatine ha la stessa radice della parola fantasma) è di confondere la personalità di chi crea con il processo che usa.
Chi studia Caravaggio sa molto bene che per arrivare alla complessa drammaticità pittorica che tutti conosciamo, Michelangelo Merisi usava tele di lino grezzo che ricopriva con uno strato di gesso colorato color nocciola, prima di iniziare. Sa anche che non disegnava le figure ma le dipingeva direttamente. E sa bene che partiva dalle figure di fondo per poi dipingervi sopra tutte le altre, arrivando solo alla fine a quelle in primo piano. Anche se comunemente questa viene chiamata tecnica pittorica, in realtà è una parte essenziale del processo creativo di uno degli artisti più strabilianti della storia.
Ma il tratto fondamentale del motore creativo di Caravaggio è che molto probabilmente soffriva di un disturbo borderline di personalità ed era un sociopatico che alternava una irresistibile fascinazione verso clero, nobiltà e classi agiate con una oscura attrazione per il crimine e i bassifondi.
Per continuare a leggere questo post è necessario l'abbonamento.
Scopri come abbonarti (Si apre in una nuova finestra)
Sei già un affiliato? Accedi (Si apre in una nuova finestra)