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Perché MUSSOLINI promuove i PATTI LATERANENSI?

Dopo la prima guerra mondiale il Regno d’Italia ha subito un’umiliazione bruciante. A seguito di tutti i sacrifici e nonostante la vittoria, la pace è vissuta come una sconfitta. Il popolo italiano sente il bisogno di una guida, di qualcuno che possa guidare alla grandezza la Patria offesa, non riconoscendosi in uno stato liberale percepito come debole e incapace. Durante il primo dopoguerra la lotta politica avrebbe visto l’ascesa del movimento fascista e del suo partito, il PNF, guidato da Benito Mussolini. Nel 1922, dopo la Marcia su Roma, il Duce sale al potere: il ventennio fascista è appena iniziato. A differenza dei vari stati totalitari che sarebbero apparsi in Europa, il regime fascista di Mussolini ha una differenza decisiva. L’esperienza del Partito Nazionale Fascista in Italia è definita come “totalitarismo imperfetto”. Mussolini per portare avanti la sua volontà non usa infatti il Partito, ma si rifà ai prefetti come un normale capo di governo, e l’ordine pubblico è mantenuto dalla polizia, non dalla milizia fascista. L’obiettivo di Mussolini rimane comunque quello di fascistizzare l’Italia ma, a differenza di altri dittatori, decide di mediare con l’ordine che ha soppiantato piuttosto che stroncarlo. Il regime non solo occupa lo spazio libero dei giovani e degli adulti, ma occupa le strade, le piazze, gli stadi: tutte le manifestazioni di massa diventano di stampo fascista, o quasi. La Chiesa è infatti il grande avversario del fascismo per il controllo delle masse. In un paese che si professa al 99% cattolico e che vede le parrocchie piene di fedeli, la religione cristiana ha un potere sulla popolazione che Mussolini non può sottovalutare. L’11 febbraio 1929, dopo due anni e mezzo di negoziati, nel palazzo del Laterano Benito Mussolini e il segretario di Stato vaticano Pietro Gasparri firmano finalmente un accordo: i Patti Lateranensi, un documento che possiamo dividere in tre parti principali. E se da un lato abbiamo la Chiesa e Pio XI, dall’altro abbiamo il potere monarchico di Vittorio Emanuele III di Savoia, ed è qui che il Fascismo mostra tutti i suoi limiti. Infatti al vertice dello stato non c’è, come negli altri regimi totalitari, il dittatore, ma il Re: nonostante la sua debolezza politica, Vittorio Emanuele detiene la Corona Ferrea e tutto il potere che ne consegue. La presenza della monarchia sarebbe stata una perenne spina nel fianco per il regime fascista che, al primo momento di debolezza, sarebbe stato stroncato dai poteri del monarca. Ma per il momento questa fragile alleanza tiene.

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