L’AI che seduce i lettori: cosa è successo nel nostro Turing Test letterario
Care lettrici e lettori di L’Indiscreto,
di recente ho lanciato un Test di Turing “letterario” sui miei canali social: un passo poco noto di Marcel Proust (con i toponimi camuffati), una pagina firmata da Dave Eggers e, in mezzo, un testo originale redatto da un autore umano con l’aiuto di ChatGPT-o3. Tutti anonimizzati. Ho posto tre semplici domande: quale brano risulta più riuscito, quale sembra partorito da una macchina e quale, invece, suona inequivocabilmente umano. Hanno risposto 174 persone, perlopiù laureate, alcune professioniste dell’editoria.
Il verdetto ha spiazzato molti. Il pezzo generato con l’AI è stato preferito da quasi la metà dei votanti, superando Proust e, sebbene di poco, lo stesso Eggers. Anche riconoscere la “puzza” di algoritmo si è rivelato arduo: solo un partecipante su due ha indovinato la vera origine del testo artificiale, mentre il brano proustiano è stato scambiato per AI con sorprendente frequenza. Qui emerge un dato affascinante: chi ha smascherato la natura sintetica del testo tende a ridurne il valore estetico, mentre chi non se ne accorge spesso lo esalta. Sembra dunque che la nostra soddisfazione di lettori dipenda, in parte, da un pregiudizio sulla firma: la stessa pagina può apparire ispirata o sterile secondo il filtro, conscio o meno, con cui la leggiamo. Un’altra possibilità è che chi riconosce il testo artificiale abbia uno spiccata preferenza verso quelli esclusivamente umani, il che non è impossibile: il test era anonimo, ma sarebbe stato interessante valutare il livello di “esperienza” di chi ha votato. Una versione più scientifica dovrebbe senza dubbio proporlo a platee con professionalità diverse.
Una cosa curiosa è che persino il modello GPT-o3, chiamato a commentare ex-ante i tre estratti, ha fiutato più AI in Eggers e ha relegato il proprio testo in una zona d’incertezza stilistica, replicando l’errore commesso da circa metà del pubblico umano. In una seconda prova l’algoritmo ha corretto il tiro e ha identificato in modo corretto due brani artificiali su tre.
Naturalmente si tratta di un’indagine preliminare, condotta su un campione informale: il suo valore non è quello di offrire certezze statistiche, bensì di accendere il dibattito. Ricordandoci che questo strumento è già in uso da milioni di persone, sebbene in pochi lo dichiarino, e che dunque fa già parte della nostra quotidianità.
Ah, per scrivere questa newsletter ovviamente l’ho usato.
Francesco D’Isa

Arturo Carmassi, Senza titolo Courtesy Pananti (Öffnet in neuem Fenster).
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