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S1 Edizione Straordinaria

LA NEWSLETTER DI ANDREA BATILLA

VALENTINO HAUTE COUTURE GENNAIO 2025

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Per costruire la sacralità di un rito sono necessari due elementi che in apparenza sembrano contraddittori. Il primo è una messa in scena coinvolgente che conduce a un climax finale, qualcosa che in maniera comprensibile accenda gli occhi e gli animi di chi partecipa. Il cattolicesimo ne è pieno: le messe, i funerali, le feste dei santi con le coloratissime e roboanti processioni.

Il secondo elemento è il mistero. Ci deve essere qualcosa di nascosto, di non conoscibile, di appena sussurrato. Il sangue di San Gennaro, le reliquie di Padre Pio, le apparizioni di Lourdes.

Le due forze contrapposte, la lucidità della ragione e la profondità dell’istinto, portano chi osserva a perdere il senso dell’individualità e a raggiungere uno stato di comunione con gli altri e con la divinità che a cose normali non è proprio dell’essere umano.

Quanto più le due parti sono potenti, tanto più si scatena il senso di devozione, ci si stringe in adorazione intorno all’eletto, al santo. O al diavolo, nel caso dei riti satanici.

I sacerdoti, i ministri del culto, dirigono come fosse un’orchestra le cerimonie, rendendole convincenti, riempiendole di simbolismi, di pratiche note, di segni intelligibili e inintelligibili. In senso etimologico il sacerdote è chi offre a Dio o agli dei il dono del sacro.

Alessandro Michele è uno sciamano, un druido, un officiante di un rito collettivo a cui è impossibile sfuggire perché ciò che desideriamo più di ogni altra cosa, in questo momento di sterile amnesia di significati, è credere in qualcosa. E farlo insieme.

Nella sua prima collezione di alta moda per Valentino, Alessandro ha innanzitutto raccontato l’ovvio, l’evidente. L’archivio del brand è stato aperto, reso manifesto, come quando si porta una reliquia in processione. Il massimalismo esasperato di Valentino Garavani ha trovato una forma concreta ma rispettosa, una traduzione che non toglie niente all’originale ma lo riorienta nel contemporaneo, rendendolo di nuovo accessibile. È un’estetica ostica perché estremamente datata ma allo stesso tempo composta di momenti profondamente iconici, com il famosissimo primo abito a losanghe arlecchino. Sotto le mani sagge di Michele l’heritage della maison è diventato di nuovo significante, mentre fino a ieri era composto da dimenticate immagini sparse in un archivio tenuto ben chiuso.

Alessandro ha però anche inserito degli elementi decisamente poco comprensibili, per non dire misteriosi. Il primo, nel casting e nelle forme delle lunghe gonne da sera, è un riferimento all’estetica di Demna, il suo alter ego dark, come lui spodestato dal trono ma come lui apostolo del contemporaneo, nel senso complesso del termine. Un innesto apparentemente artificiale che, solo per gli iniziati, racchiude un messaggio profondo di vicinanza, di combattività, di resilienza. 

Poi ci sono una serie di riferimenti criptici al Settecento, al Cinquecento e anche al Medio Evo che appaiono come prove di bravura fini a sé stesse ma che in realtà servono per disorientare, per allontanare dalla realtà, dalla serenità del percepito quotidiano.

Infine c’è una messa in scena teatrale, che sarebbe piaciuta a McQueen e che inscrive tutto dentro una cornice gelida, senza emozione, come la lunga lista di parole che appariva dietro le modelle. È un modo per esaltare la drammaticità del messaggio togliendo romanticismo agli abiti, soffocandone il significato ottimistico.

Obiettivo finale di ogni rito collettivo è una cosa che si chiama catarsi cioè purificazione.

La questione, visto che il rito è decisamente riuscito, è da che cosa le persone sentano il bisogno di purificarsi, perché abbiano bisogno di esperienze unificatrici liberatorie e coinvolgenti. Qualcuno ha detto che in questo momento la moda è fatta di vestiti anonimi fatti in misure oversize e per quanto l’affermazione sia decisamente generalizzante, non è troppo lontana dalla verità. Non è tanto la qualità del contenuto ad essere importante in questo momento storico quanto il fatto che ciò che si racconta riesca a sorprendere, emozionare, provocare reazioni anche su una base istintiva. Se poi le reazioni sono collettive e il messaggio supera la soglia dell’individualità, vuol dire che il contenuto è efficace.

Questo significa due cose. La prima è che in questo momento è più necessaria la forma del contenuto. La seconda è che, come i culti misterici durante l’ellenismo o le sedute spiritiche in epoca vittoriana, ci troviamo in un periodo di decadenza in cui le persone cercano forme collettive di conforto perché da sole non hanno gli strumenti necessari per comprendere la realtà. Per sopravvivere. 

Fun fact: Demna era in prima fila. Con una borsa di plastica della spesa.

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