Passa al contenuto principale

Mappa Concettuale - La PRIMA GUERRA d’INDIPENDENZA ITALIANA

Nel marzo del 1848, Vienna, la capitale dell’Impero Austriaco, insorge: non ci sarà mai più un’occasione del genere per fare l’Italia, bisogna agire. Il 17 marzo 1848, dagli arsenali di Venezia parte la rivolta: le carceri sono prese d’assalto. Vengono liberati Daniele Manin, avvocato e leader dei democratici, e Niccolò Tommaseo, scrittore cattolico-liberale. Il 22 marzo viene proclamata la Repubblica di San Marco, il leone alato torna sui pennoni di Venezia; il giorno dopo è formato il nuovo governo presieduto da Manin. L’altra città più importante del Lombardo-Veneto, Milano, insorge il 18 marzo. Le cinque giornate di Milano sono vittoriose. L’aristocrazia liberale il 22 marzo dà vita ad un governo provvisorio, mentre il comandante austriaco Josef Radetzky si ritira dalla città. Alla notizia delle ribellioni di Venezia e Milano anche i Ducati di Parma e di Modena insorgono. Le tensioni esplodono quando i liberali, per evitare che le rivolte assumano una deriva repubblicana, convincono Carlo Alberto di Savoia ad intervenire. Così il 23 marzo 1848 il Regno di Sardegna è pronto: viene dichiarata guerra all’Austria. Le truppe piemontesi iniziano a mobilitarsi, è iniziata la Prima Guerra d’Indipendenza. Mazzini avrebbe deciso in quel periodo di sciogliere la Giovine Italia, ormai sfaldata, per fondare un nuovo movimento e continuare a combattere per la repubblica: l’associazione nazionale italiana. Perfino Garibaldi lascia l’America Latina per andare in aiuto alla causa. Si sta avverando il sogno federalista di Gioberti, Balbo e d’Azeglio, ma il Re di Sardegna ha altri piani. Pio IX, per paura di rotture con l’Austria cattolica, decide di ritirare le proprie truppe. L’allocuzione, ovvero il discorso, Non Semel del 29 aprile 1848 è la tomba della fase federalista: il papa afferma che, dato il suo ruolo religioso, non può aiutare oltre la causa nazionale. Anche il fronte nazional-liberale va in pezzi: il 15 maggio Ferdinando II ritira le truppe e, con un colpo di stato, scioglie il Parlamento appena eletto indicendo nuove elezioni. Dopo alcuni successi piemontesi, al ponte di Goito a inizio aprile e poi a Pastrengo poco dopo, il maresciallo Radetzky, ricevuti i rinforzi da Vienna, inizia il contrattacco. A Curtatone e Montanara, il 29 maggio, gli austriaci vengono respinti e il giorno dopo, alla fortezza di Peschiera, le forze austriache si arrendono. Tra il 23 e il 25 luglio 1848 si consuma la battaglia che avrebbe deciso l’intera guerra: Radetzky spezza la resistenza piemontese a Custoza e Carlo Alberto si ritira a Milano. Il 9 agosto non c’è più nulla da fare: il generale Carlo Canera di Salasco firma a nome di Carlo Alberto l’armistizio con l’Austria, la guerra è persa.

Mappa:

Nobili e Consiglieri possono accedere a questo contenuto!

Scopri i nostri piani (Si apre in una nuova finestra)

0 commenti

Vuoi essere la prima persona a commentare?
Abbonati a La Storia sul Tubo e avvia una conversazione.
Sostieni