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VOL. 3 - CORPI IN RIVOLTA

STOMACO

TW: salute mentale, genocidi

anatomia sartoriale di MARZIACALYPSO

LE FARFALLE NELLO STOMACO - feffa mangano

Le farfalle nello stomaco le uccido con l’insetticida.

Le tiro fuori una per una. Le schiaccio tra le mani come fossero mosche, moscerini, zanzare che ti pungono di notte e non ti lasciano dormire.

Le farfalle nello stomaco le ammazzo tutte.

Le nascondo nella borsa. Le ficco dentro a uno zaino che poi butto nell’armadio.

Le infilo una per una nello scarico del lavandino del bagno. Le troverete lì. Inermi.

Tenteranno di volare su per la superficie del tubo di scarico. Si incastreranno tra le fessure grigie e luride. Di capelli. Di sporco. Di dentifricio del giorno prima. Di briciole di biscotti della colazione. Proveranno a risalire. Lasciatele stare. Non ce la faranno.

Le farfalle nello stomaco le ammutolisco tutte. Le rendo incapaci di parlare. Una ad una.

Neanche una parola potranno dire. Tenteranno di farsi sentire. Non cercatele.

Non provate a farle svegliare dal loro mutismo selettivo. Non l’hanno scelto. Le ho zittite io.

E se anche una prova ad uscire, se anche solo una ci riesce, non ascoltatela. Proverà a arlarvi. Non ascoltatela, ho detto!

Io la sento già. So già cosa vuole dirvi.

Lasciatela stare, quella stupida farfalla nello stomaco. La sento uscire ora. Vuole farsi sentire.

Vuole dire tutto.

Premo sullo stomaco, così se ne sta zitta.

Quella stupida farfalla nello stomaco la uccido con l’insetticida.

DICIOTTANNI - bea forlini

le sbarre nere di un cancelletto e un simbolo austero incastonato dentro

e dietro

terra al posto del pavimento e tracce di umidità su tre muri troppo vicini tra loro,

e ovunque macchie di sporcizia di cui non vorrei il mio cervello si sforzasse di indagare la genesi.

deglutisco: vorrei far colare almeno un po' di saliva in questo mio rinnovato vuoto di stomaco, ma non funziona. esaspero un respiro profondo e nell'espirazione immagino il mio stomaco striminzirsi, le sue pareti accartocciarsi attorno a quel vuoto.

non sono ad Auschwitz, adesso, e non ne ricordo più l'odore. forse era di freddo. ora nelle narici ho il profumo di un nuovo ammorbidente che ho comprato, ai fiori d'arancio, e intorno la luce di Marsiglia ripulita da giorni di Maestrale. ad Auschwitz quando ci sono stata io il cielo era bianco di luce malsana e la terra bianca di neve sporca: degli alberi scheletrici si stagliavano sullo sfondo ed erano come monumenti viventi a chi non viveva più, a chi con le sue ceneri ne nutriva le radici. ad Auschwitz tra i due campi di sterminio ci sono ettari di silenzio e ogni tanto una pozza in cui quelle ceneri galleggiano ancora. mentre la scrivo questa frase cerca di farsi impossibile, ma io ricordo la voce della guida che ce l'aveva pronunciata e rimango fedele alla sua incredibile verità da restaurare.

ho un principio di nausea anche adesso che son solo sdraiata sul divano e non so ricordarmi come stavo in piedi davanti alla cella di padre Massimiliano Kolbe. sicuro avevo avuto un momento di indecisione e credo che alla fine quel segno della croce me lo fossi fatto. lui si era sacrificato sostituendosi a un padre di famiglia scelto per una rappresaglia, e chissà se scoprendo quel suo gesto io avevo sorriso o pianto. lui certo ci era morto, alla fine di acido fenico e non di fame: pare che ai suoi aguzzini avesse rimproverato che "solo l'amore crea",

i vivi ne parlano ancora e l'hanno santificato.

eppure nel loro mondo niente è sacro intoccabile o salvo

e non esistono santuari. a Beirut la guerra civile non risparmiava gli edifici di culto per cui era scoppiata, nel '43 dei colpi di mortaio sfregiavano una delle fiancate della Bonne Mère di qui. vicino a Mantova c'è un santuario pieno di membra e organi di gesso offerti alla Vergine "per grazia ricevuta", dai credenti che nei secoli Lei aveva guarito. la chiesa stessa anzi è un ex-voto, costruita da un architetto di Novara per un Gonzaga alla fine della peste. centinaia di preghiere esaudite eppure nessun sospiro di sollievo. chi entra come sempre nelle chiese guarda in alto: non ci trova un crocifisso ma un alligatore impagliato, sospeso al soffitto con delle catene. pare lo facessero per simbolizzare un Male sconfitto, o almeno tra quelle mura reso innocuo. come monito.

centinaia di preghiere esaudite eppure tutte quelle Grazie appese

non possono compensare quelle che mai riceverà Gaza.

a Gaza ai padri si consegnano sacchi con dentro i resti dei figli: di Mohammed (8 anni) hanno ritrovato solo 3 chili di membra ma il suo sacco pesa più di un'intera navata di mani orecchie e piedi a Santa Maria delle Grazie.

durante il Medioevo nelle cappelle si mettevano fossili preistorici per esorcizzare il Male, gli ex-voto invece sono come fossili di Bene

e li facevano già gli Etruschi,

sappiamo ancora farli anche noi,

ma non bastano mai.

e adesso cuciamone uno allo stomaco dell'umanità che alla fine digerisce sempre tutto.

illustrazione di MARLAMU
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