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Calcerò #07 – Generazioni

Il futuro è un'ipotesi, i sondaggi tentano di immaginarlo per ripensarci poi. Cosa chiederanno al calcio i ragazzi Alpha?

Ciao a tutti, buona estate.

Oggi il tema della newsletter è un sasso lanciato nello stagno. Si potrebbe scrivere tantissimo, ci torneremo sicuramente anche con Calcerò, ma abbiamo più o meno tutti diritto a rallentare i giri ed è per questo che l'analisi sarà tutt'altro che conclusa, alla fine. Invita a unire alcuni puntini, la figura si intravede, ma senza alcuna pretesa di completa comprensione. Serve altro, ci sarà tempo.
Intanto, anche ad agosto, qui dove la connessione è scarsa ma il cibo almeno è buono, introduciamo quello che per il calcio non è “un” tema ma, probabilmente, “il” tema.
Fischio d'inizio.

Inoltra pure questa newsletter a chi vuoi, se ti fa piacere (e se pensi possa fare piacere a chi intendi mandarlo, soprattutto). Chi volesse sostenere il progetto di Calcerò può farlo cliccando qui (S'ouvre dans une nouvelle fenêtre): basta davvero poco.  L’archivio dei numeri precedenti si può consultare qui. (S'ouvre dans une nouvelle fenêtre)

Qualche mese fa, nel numero #04 di Calcerò (“Bassa intensità”, s'intitolava) (S'ouvre dans une nouvelle fenêtre), analizzammo un report, pubblicato dall'ECA nel settembre del 2020, relativo alle abitudini di consumo del prodotto calcistico degli attuali tifosi – diciamo pure clienti: non si sbaglia – con una prospettiva sul domani, e del resto si chiamava “Fan of the future”.  Ciò che a quell'analisi mancava erano i dati riguardanti l'evoluzione possibile della popolarità del calcio.
Ecco: sei mesi più tardi usciva questo sondaggio di Morning Consult (S'ouvre dans une nouvelle fenêtre), effettuato negli Stati Uniti intervistando un campione rappresentativo di ltre duemila genitori di bambini e ragazzi nati prima del 1997 (Millennials), tra il 1997 e il 2012 (Gen Z) e dopo il 2012 (Alpha). Gli Alpha sono i bambini oggi in età scolare: per questo sondaggio la generazione parte dal 2013, in altre analisi dal 2010.

Ora, che caratteristiche hanno, o dovrebbero avere, gli Alpha? Tutte cose che non avevo ancora approfondito, e allora prendo spunto da una newsletter di Antonio Bellu, Let Me Tell It (S'ouvre dans une nouvelle fenêtre): il termine lo si deve a Mark McCrindle, ricercatore australiano specializzato in scienze sociali, e si sostiene che «gli Alpha saranno talmente influenzati dalla tecnologia che il loro soprannome è già stato individuato in Generation Glass o screenagers poiché, sin dai loro primi giorni di vita, ci sarà sempre uno schermo tra loro ed il mondo reale». Messa così non è incoraggiante. Poi però si spiega che «ciò li porterà a dominare la tecnologia ad un livello mai visto prima, ma si teme anche che possano stabilire un minor contatto umano rispetto alle generazioni precedenti, ed essere quindi meno socievoli». Anche questo non è incoraggiante, ma qui soprassiedo sull'ansia del genitore, perché è ora di tornare al sondaggio di Morning Consult.

Secondo i dati dell'istituto, per gli Alpha statunitensi proprioil calcio è lo sport con il  maggior numero di praticanti e il secondo per quanto riguarda la fandom (dietro al football americano). Questo il dato generalizzabile, mentre la ricerca è consultabile integralmente a questo link (S'ouvre dans une nouvelle fenêtre). Certo, la survey prende in considerazione solo gli Stati Uniti e non altri mercati, ma è proprio quello nordamericano che ci interessa qui.

NESSUNO ALLO STADIO

Sono decenni che,negli States, il calcio è considerato lo sport del futuro. Chi ricorda con un certo discernimento il Mondiale 1994 e i successivi sviluppi della Major League Soccer sa che Elio e le Storie Tese non ci hanno azzeccato (S'ouvre dans une nouvelle fenêtre), anche se il processo ha necessitato di tempo e non si è ancora concluso. Il calcio negli USA è qualcosa di serio, anche se si chiama soccer; nulla a che vedere con il circo della antica NASL. Paradossalmente, più che pensare al mercato potenzialmente vastissimo – ma ancora troppo politicamente volubile – della Cina o a quello dell'India, dove comunque centinaia di milioni di consumatori più o meno occasionali si possono trovare e fidelizzare, uno sport essenzialmente occidentale come il calcio dovrebbe-potrebbe trovare maggiore spazio proprio laddove ha cercato da tempo di imporsi e dove in effetti sta riuscendo nell'intento.

Al di là dei sondaggi, non dimentichiamo alcuni aspetti ai quali troppo spesso non facciamo caso. Il primo, in atto da oltre una dozzina di anni e ultimamente (soprattutto in Italia) sempre più impattante, riguarda la prevalenza dei capitali statunitensi nelle compagini azionarie straniere dei vari campionati europei. Chi si interroga sui motivi di certe acquisizioni – motivi diversi fra loro, s'intende, ma di frequente con tratti in comune nel modello di business – non può tralasciare la crescita che il calcio ha appunto negli States tra i motori dell'investimento.
Il secondo è il Mondiale del 2026: notoriamente si svolgerà tra Stati Uniti, Messico e Canada, un mercato potenziale di 500 milioni di persone – nel quale il Messico non ha bisogno in realtà di essere educato al calcio: come il Sudamerica, lo conosce perfettamente – che ha un consolidato sistema di relazioni con l'Europa per quanto concerne lo sport. Bene: United 2026 sarà il primo vero Mondiale che la generazione Alpha appassionata di calcio sperimenterà, un po' perché si tornerà a giocare nell'estate dell'emisfero settentrionale – banalmente: scuole chiuse, vacanze, meno obblighi di andare a letto presto – e un po', principalmente, perché Qatar 2022 i più giovani della Generezione Alpha, diciamo quelli nati dal 2016 (anche prima, se prendiamo il 2013 come data di inizio), difficilmente lo ricorderanno, per ovvi motivi anagrafici.
Il terzo riporta alla Superlega: ricordate chi aveva confermato di essere disposto a finanziare la nuova competizione? Esatto, JP Morgan, ed è chiaro che un istituto del genere difficilmente può sbilanciarsi se non crede nell'operazione, a maggior ragione se, oltre all'aspetto globale, non ci vede un'occasione anche sul mercato ad esso più prossimo. Tra l'altro, se c'è qualcosa che lo sport ha imparato da febbraio a oggi è che, probabilmente, deve aggiornare alcuni dei suoi paradigmi geopolitici ed economici.

Come avevo anticipato, stavolta ci fermiamo sul più bello, perché sarebbe utile entrare ancora più nello specifico e deviare poi nel tentare di capire cosa gli Alpha chiederanno al calcio, essendo sempre più tecnologici, sempre più green (questo si sostiene, almeno) e fondamentalmente più soli. Sicuramente, anche, gravati dal peso di un mondo che non stiamo migliorando, almeno in senso politico ed economico.
(E che diamine, qui torna l'ansia del genitore. Basta, su).

CAMPO PER DESTINAZIONE

Siccome qualche esponente della generazione Alpha ce l'ho in casa e, al momento, tutto faccio fuorché farli appassionare a ciò che ruota intorno al gioco (a quest'ultimo sì, però), ho scoperto, con colpevole ritardo, che il cartone animato Holly e Benji – quello era ai miei tempi – è stato oggetto di un remake: si intitola Captain Tsubasa, la storia è la stessa, è solo più contemporaneo, con i nomi originali, qualche traduzione modificata (la "catapulta infernale" è diventata "uragano skylab"), aggiunte interessanti (il fuorigioco) ed è ugualmente improbabile, ma è la sua parte migliore. Piuttosto, del tutto coerentemente, i ragazzi comunicano anche attraverso gli smartphone, si mandano selfie tramite le app di messaggistica istantanea, non sono cioè al pleistocene digitale dei miei tempi.
Bene.
Ed è anche un bene che i bambini-ragazzini che lo guardano imparino da Tsubasa Ozora (per gli anziani: Oliver Hutton), Hyuga Kojiro (Mark Lenders) e Misugi Jun (Julian Ross) tecnica e caparbietà, mai un passaggio all'indietro, zero attitudine al possesso che non porti al tiro immediato, altro che due tocchi. Gli allenatori? Ci sono, ma sono comprimari assoluti, e vivaddio esiste Wakashimazu Ken (Ed Warner) che se ne fotte delle uscite da dietro e, nella sfida del Meiwa contro il Furano, manda a stendere in un colpo solo tutti gli adaners: “Io paro il rigore, ti passo la palla e tu segni”.
Gli Alpha educati da Captain Tsubasa (e Ken Wakashimazu) cresceranno meglio di chi oggi scimmiotta le mode.

Triplice fischio. Per suggerimenti, contestazioni, contributi, correzioni, segnalazioni: calcero.newsletter@lorenzolonghi.com (S'ouvre dans une nouvelle fenêtre).
Potrebbero esserci oggi una serie di refusi ed errori: nel caso, mi scuso in anticipo.

Ci rileggiamo l’11 settembre. 

Calcerò - il futuro del pallone è la newsletter mensile sul domani del calcio. Il giorno 11 di ogni mese arriva puntuale nella tua casella. È curata da Lorenzo Longhi (S'ouvre dans une nouvelle fenêtre)