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Calcerò #25 - Nubi di ieri sul nostro domani odierno (abitudinario)

La pronuncia della Corte di Giustizia Europea è arrivata. Bene: non è il momento per interrogare la palla di vetro, ma quello di guardarsi attorno

Ciao a tutti e buon 2024, essendo questo il primo numero di Calcerò del nuovo anno.

Primo numero dell’anno che “il giorno 11 di ogni mese arriva puntuale nella tua casella” – se non ci avete fatto caso, si trova in ogni numero, sotto la testata grafica in basso –, e invece questa volta arriva il 12. C’è sempre una prima volta, e potrebbe non essere l’ultima. 

Fischio d’inizio.

(Il titolo è quello di una vecchia canzone di Elio e le storie tese, non granché a mio avviso, ma il titolo è splendido)

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C’è un giudice in Lussemburgo

Ci eravamo lasciati, un mese fa, in attesa della pronuncia della Corte di Giustizia Europea sul caso European Super League versus UEFA. Ebbene, la montagna non ha partorito il topolino, ma un macigno: ha di fatto stabilito che l’UEFA – la FIFA viene toccata solo di striscio – è un monopolio e che sostanzialmente abusa di una posizione dominante. Questo in estrema ma netta sintesi. Chi volesse leggere tutti i documenti (posto che non tutto è ancora stato pubblicato), può curiosare qui (Opens in a new window).
Non mi dilungo oltre, qui: ho analizzato la sentenza per The SpoRt Light (Opens in a new window), Treccani (Opens in a new window) e Avvenire (edizione del 22 dicembre, oltre a un primo pezzo immediatamente dopo la sentenza), concentrandomi poi, per True, su un aspetto di broadcasting a margine (Opens in a new window)
Se siete interessati, i link portano agli articoli. Aggiungo una cosa: nonostante il parere dell’avvocato generale Rantos (dicembre 2022), sostanzialmente antitetico alla sentenza e considerato da tanti, illo tempore, la pietra tombale su ogni velleità di cambiamento, mi domando come fosse possibile attendersi una pronuncia diversa, considerando che, in tema di concorrenza e antitrust, ha storicamente normato ogni settore avendo come cardine la libertà di impresa.

Le sentenze sono tre

Le sentenze sono tre, perché oltre a quella che sancisce la fine del regime di autorizzazione preventiva dell’UEFA in merito a nuove competizioni europee per club, la medesima Corte, sempre giovedì 21 dicembre 2023, ha rinsaldato i principi della sentenza Bosman pronunciandosi anche sul caso portato davanti ai giudici dal club belga Royal Antwerp e valutando come illegale e discriminatoria la disciplina UEFA sui calciatori “homegrown”, cioè sul numero minimo di giocatori provenienti dai vivai da inserire nelle liste per le competizioni. Un altro colpo alle regole decise arbitrariamente dall’UEFA, che dovrà ora cambiarle all’insegna di una liberalizzazione vera e propria. Inoltre, la CGUE ha messo in dubbio anche l’autonomia del sistema di giustizia sportiva, pronunciandosi su un caso portato alla Corte dalla International Skating Union e che, di fatto, dà la possibilità a società sportive e atleti di rivolgersi ai tribunali ordinari, andando oltre il TAS (Tribunale di Arbitrato Sportivo) di Losanna – che non rispetta, secondo la sentenza, la tutela giudiziaria effettiva – per risolvere questioni di interesse pubblico.

Per i prossimi mesi e i prossimi anni c’è, insomma, tantissima carne al fuoco. In merito alle competizioni, vedremo chi sarà più bravo a convincere chi, con quali argomenti (economici, soprattutto) e quando. Bisognerà ragionare di equilibri, governo ed equilibri, invece, a livello di istituzioni calcistiche.

Gli inglesi, l’Europa, la politica

L’UEFA è colpita in maniera dura, ma non affondata, e meno che mai morta: non c’era rischio, in questo senso, perché appunto la pronuncia delinea un quadro, non deve sanzionare nessuno. Mi fa però specie notare come l’UEFA si stia muovendo, oggi, con gli stessi alleati del 2021. Chi? Per primo il governo britannico, che allora fu decisivo per il fondamentale ritiro dal progetto dei club inglesi, ma con i riferimenti attuali cercare la sponda britannica a me pare avere poco senso, essendo il Regno Unito extra-UE (può dunque fregarsene della pronuncia del Lussemburgo) ed avendo l’Inghilterra un torneo già egemone che può solo guadagnare ulteriormente da una eventuale balcanizzazione del calcio europeo. Poi l’ECA, almeno nella figura di Al-Khelaifi, non esattamente una figura coerente con ciò che l’UEFA dovrebbe veicolare, e i club (e le federazioni, Figc in primis) da due anni e mezzo fungono da scherani di Ceferin, ma ai quali forse l’avvocato sloveno dovrebbe fare attenzione, essendo attualmente il principale colpevole dell’accaduto, perché gli alleati sono tali solo finché non tradiscono. Poi la Commissione UE, che attraverso il vicepresidente Schinas ha spiegato di voler attendere la sentenza di Madrid – la pronuncia della CGUE è stata rinviata al Tribunale commerciale di Madrid, che aveva chiesto la pronuncia e dovrà giudicare il caso – con frasi politiche e dal retrogusto lobbistico prim’ancora che rispettose della pronuncia del Lussemburgo (“Il nostro impegno nei confronti del modello sportivo europeo è incrollabile e incondizionato. C'è un elemento commerciale nello sport e nel calcio, ma il modello sportivo europeo riguarda tutti”).

Questione di scelte. L’UEFA spera di ribaltare tutto con la politica, alla fonte insomma, ma è in difficoltà, e potrebbe restarvi sino a quando Ceferin – che può perdere il ruolo solo in caso di dimissioni o di uno scandalo, perché non esistono mozioni di sfiducia – non valuterà un cambio di strategia, per governare il cambiamento attraverso una cessione di parte della sovranità dell’organismo UEFA. Sarebbe una marcia indietro, ma la storia politica è piena di casi come questi. Detto ciò, non credo che accadrà.

Intanto in Italia…

Intanto in Italia si discute di un cambiamento nel format dei campionati (Opens in a new window). Non che sia una novità, perché il discorso torna in auge periodicamente, ma non è un caso se ciò che dovrebbe essere un fulcro di mandato già dall’inizio dell’incarico di un presidente federale, con Gravina sia saltato fuori – perché certe cose escono quando le si vuole far sapere – proprio ora, dopo l’incontro tra il numero 1 di via Allegri, Lorenzo Casini per la Lega di A e i vertici di alcuni dei maggiori club. Che il calcio professionistico italiano abbia bisogno di una sforbiciata netta – soprattutto la C, insostenibile così com’è – è evidente da tempo, ma attenzione: l’idea di ridurre i club di A (e quelli di B) oggi lascia intendere che tutti abbiano inteso che in futuro aumenteranno le sfide internazionali, e oltre a una redistribuzione dei ricavi della torta in meno parti sul fronte interno, vale la pena che le proposte vengano lette anche attraverso la necessità di ridurre le partite del torneo nazionale.

Tra l’altro, poi, parliamo della C: Gravina ne è stato presidente, in uno dei tanti momenti difficili del torneo. L’idea di un taglio drastico della terza serie professionistica a 18 squadra in sé ha senso se si parla di reintroduzione di una quarta serie cuscinetto tra dilettantismo e professionismo, ma apre a una domanda: se il progetto è questo, come la mettiamo con la grande novità dell’ultimo lustro, le seconde squadre, che a chi le ha stanno dando buoni frutti? Si butta tutto, gettando a mare le promesse per chi è pronto a entrare? O si tiene tutto, aprendo a quelle che hanno ricevuto promesse, relegando storici club e campanili a una serie oggi difficile da comprendere nei suoi contorni – la quarta, il cuscinetto – o alla marginalizzazione del dilettantismo?

Tanto per capirci: mi sembra tanto boutade, al momento, buttate lì perché del futuro, anche quello di certe figure apicali, non v’è certezza. E c’è un aspetto curioso: se si criticava l’esclusività del primo ipotetico forma di Superlega (e in parte anche di questo), dov’è la coerenza nel rendere più esclusivo – e sicuramente con un turnover meno impattante – il professionismo interno?

Siamo seri, su.

Triplice fischio.

Ci rileggiamo l’11 febbraio. Giorno più, giorno meno.

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Calcerò - il futuro del pallone è la newsletter mensile sul domani del calcio. Il giorno 11 di ogni mese arriva puntuale nella tua casella. È curata da Lorenzo Longhi (Opens in a new window).