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Calcerò #26 – Nebbia

Niente massimi sistemi: oggi Calcerò vola basso. Sotto il metro e cinquanta, diciamo

Ciao, questo numero di Calcerò prende il titolo da una foto che trovate di seguito e, mentre di solito si occupa dei massimi sistemi, analiticamente, questa volta vola basso. Diciamo senz’altro sotto il metro e cinquanta, e lo fa alleggerendo, ma mica poi troppo, perché niente nasce nel vuoto.

Fischio d’inizio.

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Tutto il punk delle scuole calcio

Non sono un grande esperto di calcio giovanile, meno che mai me ne intendo del settore delle scuole calcio, e parlo qui del livello di ingresso, che solo recentemente ho scoperto essere Piccoli Amici e Primi Calci. Seguo giusto da due-tre anni la squadra dove giocano i miei figli, incitando e basta. Mi è bastato per capire che è un ambiente molto punk: no future, insomma.

Fenomenite

La scuola calcio del mio paesello è una realtà tranquilla, non affetta da fenomenite (alcuni genitori sì, ma basta vedere cosa succede alle elezioni, in tv, sui social: non l’ho scoperto oggi…), tuttavia ho avuto la possibilità di entrare in contatto con situazioni memorabili e drammatiche. Siamo ancora nella fase in cui si gioca in 5 contro 5, ma sentire genitori che si lamentano con gli arbitri, minacciano i figli – sabato scorso a un torneo provinciale piuttosto prestigioso, quarti di finale, anno 2016, papà schizzato dietro la rete del portiere bambino, terrorizzato: “Se non ti svegli ti tolgo la tv e i videogiochi, non farmi incazzare”. Povera creatura, tra videogiochi e padre… – e allenatori che si credono chissà chi, mi mette abbastanza in imbarazzo.

Cosa mi ha stupito:

- Nessun allenamento atletico né sulla coordinazione del movimento (imparare a correre, ma anche a cadere);

- Società che, oltre ai due allenamenti settimanali, ne fanno un terzo di sola tattica, alla lavagna, ogni settimana. Parliamo di una categoria che gioca a cinque, in campo ridotto, ma già riempie i piccoli di schemi inutilizzabili quando, già dai Pulcini, si passerà a 7, il campo sarà un po’ più grande e ci saranno, appunto, due avversari in più;

- Commento di un genitore ex calciatore dilettante durante una partita: “Eh, ma ci sono tutti i giocatori fuori ruolo”. A cinque…;

- Portieri invitati a prendere parte all’azione allontanandosi dalla porta per rendersi disponibili per il passaggio. Come nel calcio a 5,e in effetti giocano in 5. Ma hanno 7 anni, la porta resta sguarnita e basta che il passaggio non sia perfetto per regalare il tap in agli avversari;

- Regolamento categoria Pulcini: “La rimessa da fondo campo (rinvio) e/o il rilancio del portiere dall’interno dell’area di rigore possono essere effettuate con le mani o con i piedi purché entro la propria metà campo in caso contrario verrà battuto un calcio di punizione indiretto dal punto in cui è avvenuta l’infrazione” (in compenso il retropassaggio si può prendere con le mani: poche idee e confusissime).

Ammetto di non conoscere bene le linee guida del settore giovanile e scolastico e che quindi, agli esperti, alcune di queste mie considerazioni sembreranno banali (ma appunto, questa newsletter è parte del dibattito, non infonde scienza); prometto che le approfondirò, criticamente, detto ciò: sono tutto fuorché passatista, in ogni aspetto della vita, ma il calcio dei bambini me lo ricordavo diverso, e non penso fosse poi così male.

Inventiva

Naturalmente non sono qui a parlare di chi ha la responsabilità educativa e genitoriale, e so che c’è pure di peggio. Della responsabilità calcistica, però, sì. Senza voler generalizzare, sotto i dieci anni anche solo l’idea di provare schemi, castrare l’inventiva e allevare polli da batteria, personalmente mi mette a disagio. Lavorare sulla tattica quando, spesso, manca il lavoro sui fondamentali è qualcosa di sufficientemente sciocco, al punto che alcuni fondamentali – sì, diamine: il rilancio, il rinvio, il passaggio lungo – nemmeno li si prendono in considerazione: si parla di gioco, ma si perde la componente ludica e creativa, decisiva da piccoli per crescere e migliorare, ma anche e soprattutto per capire che il taylorismo non è cosa da bambini, santa pazienza, esiste l’imprevedibilità nel bene e nel male, altrimenti hai voglia ad attendere una generazione di campioni. Più attenzione ai bambini e meno agli allenatori, su: con i bambini non servono fini tattici ma principalmente istruttori (e non è una diminutio, anzi: è un ruolo fondamentale).

Tra l’altro, almeno al nord, i campi sono in gran parte sintetici e ciò non aiuta ad allenare le difficoltà: il fango, il terreno irregolare o un fondo arido e duro costringono ad adattarsi; il pantano insegna (Opens in a new window), costringe a uscire dalla comfort zone, sporca, frena, invita a pensare con la propria testa, a cercare una soluzione, a inventarsela senza pensare di scovarla nei mnuali Ikea di certi allenatori, e poi vediamo che fai se non trovi la brugola o se, per caso, non trovi il buco necessario sul truciolato... Ecco, siamo all’Ikeizzazione del calcio, già da bambini, piazziamo istruzioni e blocchiamo l’estro, li omologhiamo. Sapranno giocare? Sì, ma non avranno probabilmente mai il guizzo, la lampadina che si accende. Chiunque può riuscire anche a montare e riempire un intero salotto di mobili dagli iconici nomi scandinavi, ma non significa essere un mobiliere né un arredatore.

Nebbia

E così, nel mondo della semplificazione for dummies, in tanti casi, se piove non ci si allena neppure sul sintetico: sai mai, prendere freddo, che paura. Per questo, appunto in certi posti del nord con un clima schifoso d’inverno e pure d’estate, almeno ogni tanto ci pensa la nebbia a dare al calcio ciò che lo spirito dei tempi vuole togliergli: l’imprevisto. La foto l’ho scattata una ventina di giorni fa, dopo le sette di sera, non si vedeva a 35 metri, nel calcio degli adulti non ci sarebbero state le condizioni minime di visibilità per giocare. Posto che non si vedeva da porta a porta nemmeno lì, i bambini hanno giocato lo stesso, nel freddo umido, nel grigio, vedendo quel che vedevano. E si sono divertiti tantissimo. Perché? Perché, pur essendo la stessa cosa, era qualcosa di diverso.

(Ovviamente il terreno era sintetico. Peccato).

Triplice fischio.

Ci rileggiamo l’11 marzo, tornando al calcio degli adulti di domani, o almeno di quelli che, vivendo ciò che ho descritto sopra e pure molto di più, non decideranno di abbandonare a 11-12 anni per fare altro, e magari il calcio smetteranno pure di seguirlo.

L’archivio di Calcerò si trova a questo link (Opens in a new window)

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È curata da Lorenzo Longhi (Opens in a new window).