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Newsletter #30 - Nomi, cose, città

Brutalismo = brutto? Non necessariamente. Il sostantivo, che etichetta una corrente architettonica sviluppatasi tra gli anni Cinquanta e Ottanta nel Regno Unito, per poi diffondersi al continente europeo e al mondo intero, non nasconde alcun giudizio estetico sugli edifici ai quali fa riferimento. Deriva invece da béton brut, il cemento a vista lasciato tipicamente disadorno sulle facciate delle strutture votate a questo linguaggio architettonico. A differenza di altri stili, il brutalismo ha la tendenza a lasciare a nudo gli elementi portanti degli edifici, evitando intonaco e altre rifiniture, e sottolineando la robustezza dei materiali impiegati.

Come avrete capito, questa settimana si parla di architettura, ma non solo: rifletteremo insieme sul significato sotteso all’utilizzo dello spazio pubblico, dai monumenti alla toponomastica. Vi racconteremo la ricostruzione di città intere e l’espansione di altre, portandovi alla scoperta di colossi di cemento e acciaio abbandonati a se stessi e di eredità architettoniche di un vicino passato.

Perché vie, piazze, monumenti e architettura nello spazio urbano ci raccontano molto del nostro passato, ma rappresentano anche una chiave interpretativa fondamentale per comprendere il presente.

C’è chi della passione per il brutalismo ne ha fatto un vero e proprio lavoro. Stiamo parlando di Zupagrafika, o meglio dei graphic designer e fotografi Martyna Sobecka e David Navarro. L’innovazione dei loro libri è duplice: da un lato raccolgono foto e ritratti di scorci cittadini, edifici brutalisti, parchi giochi e dei loro abitanti; dall’altro, offrono al lettore un’esperienza interattiva, dando la possibilità di costruire il proprio modellino in cartone delle loro opere. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con loro: quale modo migliore per aprire la nostra newsletter?

Il 26 luglio del 1963 alle 5:17 del mattino un terremoto di 6,1 gradi della scala Richter rade al suolo la capitale macedone. Per la ricostruzione di Skopje giungono contributi da tutto il mondo, in uno sforzo collettivo destinato a modificare per sempre l’aspetto della città balcanica in chiave brutalista. In questo articolo Nicola Zordan ci porta a passeggio per le vie della Skopje post-sisma.

Nella sua lunga storia, Belgrado è stata conquistata e distrutta decine di volte. E ogni volta, la città è stata ricostruita, secondo nuovi piani urbanistici influenzati dalle esigenze del momento e dalle idee dominanti in quella fase storica. Il progetto Belgrado 2030 proietta la città verso il futuro, ma con quali rischi?

Una newsletter che voglia trattare seriamente di architettura nell’est Europa non può esimersi dal riservare almeno un articolo a Bogdan Bogdanović, mostro sacro dell’architettura jugoslava postbellica. Con questo pezzo d’archivio Gianni Galleri ripercorre la vita dell’architetto e ci accompagna alla scoperta di alcune delle sue opere più iconiche.

Erevan è considerata una delle città del mondo continuamente abitate più antiche. Eppure, passeggiando per le sue vie, si vedono poche costruzioni che richiamano ai suoi oltre duemila anni di storia. A partire dagli anni Venti del Novecento, la capitale dell’Armenia ha subito un processo di ricostruzione iniziato da quello che è considerato come il padre della Erevan moderna: l’architetto Aleksandr Tamanian.

Nel 1921 Michail Bulgakov arriva a Mosca, abbandonando la professione di medico per dedicarsi alla scrittura. Per guadagnarsi da vivere, svolge i lavori più “fantasiosi e passeggeri”, mentre “di notte - racconta - componevo allegri trafiletti che io per primo reputavo spassosi quanto un mal di denti”. Alcuni di questi feuilleton dedicati alla città di Mosca e ai suoi abitanti sono stati pubblicati da Passigli questa primavera nella traduzione di Elisa Baglioni, di cui potete leggere degli estratti in questa recensione di Martina Napolitano.

Dal 2014 ad oggi la toponomastica di Kyiv ha subito moltissimi cambiamenti, in particolar modo dopo il 24/2/2022. Lo scorso marzo, lo European Data Journalism Network (Öffnet in neuem Fenster) (EDJNet) - una rete di testate indipendenti che producono e promuovono la copertura di notizie a partire da dati, di cui abbiamo parlato qui (Öffnet in neuem Fenster) - ha pubblicato uno studio di Yevheniia Drozdova (Öffnet in neuem Fenster) su questi recenti cambiamenti nella capitale ucraina.

A Praga, meno del 5% delle strade porta nomi di donne. La diversità è assente anche in termini delle nazionalità rappresentate e dei periodi storici in cui sono vissuti i personaggi. Oggi la Commissione per la storia locale della città incoraggia nomi neutri, ma la neutralità rimane ancora un’illusione. Uno studio approfondito di EDJNet ci spiega le dinamiche di questo fenomeno.

lnaugurata il 13 giugno 2010 da Silvio Berlusconi in persona, nel pieno centro di Sofia sorge una statua equestre di Giuseppe Garibaldi. Si trova dietro boulevard Vitoša, celebre e principale via pedonale della capitale bulgara, nell’omonima piazza (ploštad Džuzepe Garibaldi). Sopra un piedistallo svetta una contenuta riproduzione dell’eroe dei due mondi, rappresentato a cavallo, con la spada sguainata verso il cielo: ma cosa lo lega alla Bulgaria?

Inaugurato nel 1972 per commemorare le vittime dell’operazione Kozara, il monumento alla rivoluzione situato a Mrakovica, in Bosnia ed Erzegovina, ha attraversato diverse risignificazioni nel corso del tempo. Divenendo in questo modo l’esemplificazione di un fenomeno diffuso, con sfumature differenti, in tutti gli stati post-socialisti dell’Europa dell’est: il cambiamento di significato, talvolta radicale, dello spazio pubblico.

Alla caduta dei regimi socialisti, molti paesi si sono trovati a fare i conti con cosa fare dell’eredità del passato, se preservarla o cancellarla dalla memoria collettiva. Alcuni di questi hanno deciso di “esiliare” i monumenti dei simboli socialisti e sovietici in parchi e musei: ripercorriamo la storia dei più famosi, a cominciare dal parco di Grūtas in Lituania, in questo articolo a firma di Giulia Pilia.

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