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LA NEWSLETTER SETTIMANALE DI ANDREA BATILLA
ALESSANDRO, PIERPAOLO, DEMNA E LO PSICODRAMMA DELLA MODA

Il concetto di trauma è qualcosa che siamo abituati ad associare ad un singolo evento scatenante di portata grandiosa e ci è stato più volte detto che il dolore, il lutto, la sofferenza conseguenti è sufficiente che siano elaborati per essere superati e integrati in maniera sana all’interno del vissuto.
Questa visione profondamente psicoanalitica è la stessa che porta Tippi Hedren a diventare una ladra in Marnie di Hitchcock e che nel finale, attraverso un clamoroso flashback, la porta a rivivere il suo trauma che aveva rimosso, riuscendo a superarlo.
Ovviamente la vita è più complessa di un film del 1964 e per quanto nell’immaginario popolare si sia probabilmente ancora abbastanza vicini alla visione hitchcockiana, la psicologia per fortuna ha fatto grandi passi avanti. Il primo a parlare di trauma in un senso nuovo è Mohammed Masud Gaza Khan, psicoanalista inglese allievo di Winnicott che introduce il concetto di trauma cumulativo. Masud Khan ha elaborato questa teoria a partire dagli stress che il bambino sperimenta nel contesto della dipendenza dalla madre. Se la madre non è sufficientemente protettiva, amorevole e, in una parola, materna, si creano delle micro crepe che non sono osservabili né identificabili come traumi nel momento in cui si producono ma ne assumono il valore solo cumulativamente e retrospettivamente. Cioè, hai i risultati di un trauma senza avere un unico evento scatenante ma una serie di piccole azioni che sembrano non avere importanza.
Non credo che sia necessario che vi spieghi cos’è una madre fredda e distante che non riconosce in voi nessun valore e vi impianta nel cervello una disistima così profonda da diventare un macigno per il resto della vostra vita. Magari dicendovi solo che non siete capaci a consegnare un mazzo di fiori.
Credo sia molto interessante pensare al concetto di trauma cumulativo quando si osserva la situazione di Kering adesso. Il secondo più grande gruppo del lusso al mondo va molto male. Nel 2024 ha perso il 12% di fatturato con il suo brand di riferimento, Gucci, che dopo l’addio di Alessandro Michele continua una apparentemente inarrestabile caduta libera.
Ma sono quasi tutti brand di Kering ad andare male e ad aver subito di conseguenza dei cambiamenti di direzione creativa e di management.
Da Gucci, dopo che nel 2022 se né andato Michele, è arrivato Sabato de Sarno che ha poi lasciato il posto a Demna. Nel mezzo ci sono state anche alcune collezioni disegnate dallo staff interno. Marco Bizzarri, CEO di Gucci nell’era precedente, è stato sostituito prima da François Palus e poi da Stefano Cantino. In tutto questo andirivieni il fatturato del brand è passato dai 10,48 miliardi di euro del 2022 ai 7,6 del 2024. Uno sfacelo.
Saint Laurent non naviga in acque tranquille, Balenciaga non si è mai veramente ripreso dall’affaire teddybear BDSM, McQueen sta stentando a trovare una nuova direzione con Sean McGirr. L’unico brand che funziona è Bottega Veneta ma anche qui c’è stato un cambio di direzione creativa e Louise Trotter a Settembre dovrà dimostrare di reggere il paragone con Matthieu Blazy. Nella foto c’è poi anche Valentino, di cui di recente è iniziata l’acquisizione da parte di Kering, in cui c’è stato un avvicendamento tra Pierpaolo Piccioli e Alessandro Michele.
Se questo non è un trauma cumulativo non so cos’altro lo possa essere.
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