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MARIA GRAZIA CHIURI E L’INCONSISTENZA DEI PIZZI

Nell’uscita 18 della sfilata Primavera Estate 2017 di Christian Dior, la prima di Maria Grazia Chiuri, appare l’ormai famosa t-shirt con la scritta We Should All Be Feminists, titolo di un saggio della scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie.
Il testo era diventato famoso perché in parte era stato usato da Beyoncé nella canzone Flawless del 2014 ma anche perché Adichie è una scrittrice di grande successo che racconta la condizione femminile in Niger, tracciando similitudini con quella delle donne americane e occidentali. La t-shirt in cotone/lino Made in Italy era disponibile fino a poco tempo fa sul sito di Dior per 850 Euro. Il cortocircuito finisce con Chiara Ferragni che il 25 Novembre del 2023, durante una manifestazione contro la violenza di genere a Milano, sventola un cartello con la stessa scritta We Should All Be Feminists.
Questa potrebbe sembrare una scena di un libro di Houellebecq ma è la realtà che Chiuri ha costruito in 9 anni di residenza come Direttrice Creativa di Dior. Ed è anche quello per cui probabilmente sarà ricordata.
L’inconsistenza culturale del progetto che ha continuamente e ossessivamente tentato di avvicinarsi al lavoro di donne artiste senza mai offrirne una vera ragione, ha nascosto però l’inconsistenza del lavoro di Chiuri sul prodotto. Mentre i suoi celebri predecessori, da Ferrè a Galliano a Raf Simons, avevano offerto una visione personale del brand e anzi avevano usato la popolarità di Dior per modellarne a loro piacimento i tratti, Maria Grazia Chiuri ha scelto in maniera consapevole e commercialmente vincente di portare Christian Dior sul terreno della totale comprensibilità.
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