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Newsletter #2 - A 30 anni dall'assedio di Sarajevo

Il 5 aprile 1992 iniziava l’assedio di Sarajevo, una delle pagine più buie della recente storia europea in cui per quattro anni la capitale bosniaca è stata bombardata dalle truppe serbo-bosniache appostate sulle colline sopra la città.

In occasione del trentesimo anniversario abbiamo deciso di dedicare il nuovo numero della nostra newsletter all’assedio di Sarajevo, con un obiettivo: ricordare la brutalità di quella guerra e le sue conseguenze sulla vita quotidiana di una popolazione costantemente sotto il mirino dei cecchini, dando però risalto alle pratiche di resistenza e alla vitalità di una città che non ha mai smesso di cercare la propria normalità anche sotto le bombe.

La newsletter si aprirà con un editoriale a firma di Marco Siragusa (Si apre in una nuova finestra) che fornisce un quadro generale di quello che è stato l’assedio. Troverete poi un articolo di Andrea Caira e Arianna Cavigioli sull’incredibile fermento culturale che ha animato Sarajevo in quei quattro anni.

Gianni Galleri ci racconta invece dello stadio Grbavica (Si apre in una nuova finestra) (quartiere a maggioranza serba) in cui quel 5 aprile 1992 si sarebbe dovuto giocare la partita di calcio tra i padroni di casa dello Željezničar e il Rad di Belgrado.

Abbiamo poi deciso di proporre due testi ripresi dal libro La linea dei mirtilli di Paolo Rumiz (Si apre in una nuova finestra), appena ripubblicato da Bottega Errante Edizioni, e dallo spettacolo teatrale Figlie dell’epoca. Donne di pace in tempo di guerra di Roberta Biagiarelli (Si apre in una nuova finestra). Il primo, scritto a Sarajevo nell’ottobre 1993, ci restituisce una fedele immagine della quotidianità in una città assediata in cui manca tutto. Il secondo invece mette al centro il protagonismo delle donne che, a Sarajevo come in tutte le guerre, giocano un ruolo fondamentale nella ricerca della pace. E lo fa raccontandoci la storia del primo Congresso Internazionale delle Donne svoltosi nel 1915 a L’Aja.

Protagonisti di quei mesi furono anche i giornalisti, i collettivi di  artisti, le compagnie teatrali, i musicisti che durante i quattro anni  di assedio non hanno mai smesso di produrre informazione e arte per la  popolazione, mettendo spesso a rischio la propria vita e quella del  pubblico. Ce lo raccontano benissimo Andrea Caira e Arianna Cavigioli con il loro testo (Si apre in una nuova finestra) dedicato proprio al movimento culturale di una città sempre attiva, nonostante le ferite profonde.

Se ti sei perso le prime newsletter, puoi recuperarle qui:

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