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Calcerò #27 – Profezia della Bassa padana

Cosa c’entra la reunion dei Cccp-Fedeli alla Linea con una newsletter che parla di calcio?


Ciao a tutti,

Calcerò è, per sua natura, una newsletter che prende tempo, lancia sassi nello stagno, invita a pensare e a criticare. Insomma, non è adatta ai lunedì. Oggi meno che mai. Però è l’11, ed eccola.
Invece che col fischio d’inizio, stavolta cominciamo con il soundcheck.

Se Calcerò te l’hanno inoltrato e ti interessa, iscriviti. Se ti piace, passa parola.

Silenzio. Prime note.

A Reggio Emilia, presso i chiostri di San Pietro, domenica 10 si è chiusa la mostra “Felicitazioni! Cccp-Fedeli alla linea 1984-2024” (Si apre in una nuova finestra), dedicata ai 40 anni dall’uscita di Ortodossia, primo Ep del gruppo. Ora, su questo non mi dilungo, ma la mostra – di straordinario interesse culturale, programmata per quattro mesi, è rimasta aperta per cinque e ha staccato ben oltre 25 mila biglietti – è stata il pretesto per riesumare un gruppo che ha organizzato una data (subito bissata) per una reunion senza concerto al Teatro Valli di Reggio in ottobre, è stato protagonista del docufilm Kissing Gorbaciov, ha annunciato per febbraio una data a Berlino – luogo centrale nell’immaginario del gruppo: per chi fosse interessato, ci sono andato, al concerto, e me ne sono occupato qui (Si apre in una nuova finestra) – andata immediatamente sold out e così da uno sono diventati tre i concerti, è uscito con un album (con tre vecchi inediti live) e ha annunciato pure un tour in Italia. Tornando all’immaginario di cui sopra, c’è più Adam Smith che Karl Marx (con tanto di merchandising con felpe a 100 euro e t-shirt a 50) (Si apre in una nuova finestra), ma l’operazione è stata formidabile, è riuscita in toto e anche a chi ha speso un occhio della testa per avere le tacche di tutti gli appuntamenti, Berlino soprattutto, non è andato deluso. Non male per gente che per vent’anni buoni si è evitata.
Bene, che c’entra tutto ciò con una newsletter sul calcio?

Il passato è afflosciato, il presente è un mercato

Chi segue Calcerò è avvezzo ai voli, più o meno pindarici, e sa unire i puntini. Oggi, dopo gli appuntamenti della imprevista reunion eterna dei Cccp (che non è ancora terminata), si può dire sia stata un trionfo. Il risveglio della “cellula dormiente”, tra domanda e offerta (e autoironia e provocazioni e ravvedimenti), ha messo in moto qualcosa di impressionante, alimentando la “fame” dei vecchi fan, ma non solo. Ecco: in termini di rievocazioni attualizzate, non credo di avere mai visto nulla di così riuscito e coinvolgente in quasi 25 anni che seguo da giornalista il calcio italiano, né nei quindici precedenti da bambino e ragazzo follemente appassionato. Fare paragoni del genere magari è come mettere assieme mele e pere, ma la sensazione che i professionisti siano altrove, ora, in me è molto forte.

Profezia della Bassa padana

Bene, una nicchia nella mostra di  Reggio (e la voce di Annarella Giudici all’ingresso della benemerita soubrette sul palco a Berlino) presentavano la seguente “Profezia della Bassa padana”.


Il ragionamento prettamente calcistico di questo numero parte da qui. Ho l’impressione, a volte suffragata da fatti e numeri concreti, a volte meno, che il calcio italiano, così come lo abbiamo conosciuto, sia sulla via dell’autodistruzione. Magari non in modo così apocalittico, ma il combinato disposto tra una governance mediocre e caciarona (dalla FIGC ai presidenti italiani di vari club), il discorso giornalistico distruttivo e quello ipocrita tifoso-antitifoso che ruota attorno al pallone e una modalità di fruizione che cambia (e su certi numeri inizia a rigettare il pallone e la sua immagine), comincia ad assomigliare alla profezia di cui sopra.

Mutazione antropologica

Vi invito, in un’altra divagazione, a leggere questo articolo di Alessandro Lolli sul magazine Tascabile di Treccani (Si apre in una nuova finestra). Si cita il concetto di “mutazione antropologica” con il quale, ormai cinquant’anni fa, Pasolini si riferiva a un cambiamento irreversibile avvenuto nella psiche, nella coscienza e nella cultura degli italiani a causa della televisione. Lolli prende in prestito il concetto, lo  applica ai social network (rectius: a Facebook, sostanzialmente) e ne esce una mutazione attualizzata e, a mio avviso, più che convincente. Trasponendo il tutto a come i social – peraltro in un Paese litigioso, complottista e incapace di storicizzare i problemi – hanno influito sul cambiamento delle nostre abitudini e del nostro modo di pensare il e sul calcio, inviterei a riflettere su come gli ultimi vent’anni abbiano reso il clima del pallone più che tossico e decisamente poco attraente. Funziona ancora, perché bambini e ragazzini si appassionano, ma in che modo e fino a quando?

Verificare che il cambiamento nel modo di consumare lo sport in generale e il calcio in particolare è in atto è un primo passo per rendersi conto che ciò che le nuove generazioni seguono o seguiranno, e il modo in cui lo faranno, molto probabilmente sarà diverso da ciò che abbiamo sperimentato sinora. Quando, anni fa, Andrea Agnelli sosteneva «che gli avversari sono gli eSports e Fortnite, loro saranno i veri competitor in futuro», non andava probabilmente molto lontano dalla realtà, anche perché l’ambiente che ruota attorno agli eSports e Fortnite è ben diverso, così come il contesto pericalcistico internazionale non è sovrapponibile a quello italiano. 

I diritti televisivi e la commercializzazione dei vari eventi spiegano dopo tutto come il calcio – quello che conosciamo – sia diventato sempre più un prodotto che, come tale, viene acquistato e venduto. Una fornitura di intrattenimento, il consumo del quale deve però valere la pena sotto diversi aspetti, non solo quello economico, ma anche sociale e relazionale. Così, magari, gli eccessi del calcio italiano dell’ultimo ventennio, e la creazione di una serie di disadattati capaci di rendere l’ambiente ostile, possono lasciare supporre che solo un rimescolamento delle carte – di leghe, format, tornei, avversari – possa consentire di riavviare il sistema. Serve non avere paura di cambiare tutto.

Nessuno è eterno 
e il tempo della fine giunge per ogni cosa
il tempo non si arresta
si trasforma ed è altro
la terra è viva
cresce chi deve crescere e crescerà
Ma voi non mi ascoltate mai
Leccatevi le ferite poi

E chiudiamo, oggi, proprio come i Cccp hanno chiuso i concerti all’Astra Kulturhaus di Berlino. Senza bis, ma con una canzone che hanno ripreso anche alcune curve. La riconoscete sicuramente, ne hanno tratto decine di cover. 

Credo valga, oggi, per tanti appassionati.

Amarti m'affatica
Mi svuota dentro
Qualcosa che assomiglia
A ridere nel pianto

Sipario.
Ci rileggiamo tra un mese.

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Calcerò - il futuro del pallone è la newsletter mensile sul domani del calcio. Il giorno 11 di ogni mese arriva puntuale nella tua casella. È curata da Lorenzo Longhi (Si apre in una nuova finestra).