Calcerò #28 – Una e trina
Verticalizzazioni, 5/24 - Novità nella newsletter, gattopardismo nel calcio. Tutto secondo copione
Ciao a tutti, ben ritrovati.
Ci sono delle novità per questa newsletter. Se la seguite con regolarità, avrete notato che l’11 aprile la newsletter non è stata inviata. Di più: non è stata nemmeno scritta. Questo perché è stata oggetto di riflessione e ridefinizione, un po’ come accadrà con i format dei campionati e delle varie competizioni. Da oggi, infatti, al mese di Calcerò ne arriveranno tre: non più una newsletter l’11, ma una il 10, una il 20, una il 30 di ogni mese, ma con diversi temi e focus.
Cosa c’è da aspettarsi?
Ogni 10 del mese: Verticalizzazioni - Con i consueti temi e il consueto stile di Calcerò.
Ogni 20 del mese: Retropassaggi - Rivolta al futuro com’è, Calcerò si darà anche al passato e, ogni 20, proporrà una lettura su un calciatore del passato. Capirai l’originalità…. Ma dirò di più: non sarà neppure qualcosa di inedito, visto che si tratta di pezzi selezionati usciti illo tempore per testate anche prestigiose ma che, a causa dei vari passaggi di server o chiusura, sono scomparsi dalla rete (si trovano solo, e non tutti, su Webarchive). Tanto vale risistemarli e riproporli qui, per voi, citando le fonti dove non si trovano più.
Ogni 30 del mese: Calci da fermo- Il giorno trenta (certo: non a febbraio), saranno trenta righe (cioè la newsletter più breve del mese) su qualcosa che scopriremo, tutti, di volta in volta. Pochi sconti.
A proposito: è cambiato anche il crowdfunding. Chi vuole sostenere Calcerò, può farlo attraverso la celeberrima piattaforma buymeacoffee, a questo link: https://buymeacoffee.com/calcero (S'ouvre dans une nouvelle fenêtre).
Siccome però non si poteva modificarlo in buymeacaffèborghetti, il riferimento sarà buy me a beer. Una birra, massì, in amicizia: panche e tavoloni di legno, passione e voglia di parlare di pallone.
Sì, ma oggi?
Eccoci al numero odierno, dopo un prologo pedante ma necessario e che, prometto, non farò più.
L’ultima settimana, per le giocate e i bluff della governance del calcio italiano, è stata piuttosto interessante per parole, opere e intenzioni.
Riassunto.
A parole, si è iniziato con Paolo Dal Pino, già presidente della Lega di Serie A e vicepresidente vicario della Figc: una sua intervista al Corriere dello Sport, presa comunque con beneficio di inventario (figurarsi, quando ci si da del tu e lo si mostra apposta: anche se fittizia, la distanza servirebbe anche a questo…), ha sottolineato alcuni aspetti difficilmente controvertibili. Uno su tutti, nel quadro di un discorso sul nuovo accordo per i diritti tv: «MLS, Saudi Pro League e altri progetti dreneranno risorse. Sopravviveranno solo le Leghe che saranno virtuose nelle loro scelte (...). Oggi accendo la tv e in Brasile vedo incredibilmente passare delle partite della Mls e della Saudi League. Messi e Ronaldo sono ovunque, anche i mercati del Middle East hanno perso interesse nel nostro torneo».
Non sono i dati assoluti a dirlo, sono le idee che stanno alla base dei progetti. Se ne è già scritto anche in altri numeri di Calcerò: l’Italia continua ad accumulare ritardo a livello di idee e progetti.
Qui mi limito a un dettaglio a margine che poi, alla fine, ci fa tornare indietro al numero 9 di questa newsletter (S'ouvre dans une nouvelle fenêtre): sullo stesso campetto di straprovincia citato allora, nel consueto allenamento infrasettimanale, ha fatto la sua prima comparsa una maglia rosa dell’Inter Miami, quella di Messi. La settimana dopo è comparsa (invero sulle spalle dello stesso ragazzino) anche quella nera dell’Inter Miami, la seconda, sempre con il nome e il numero dell’argentino. E in Italia – a prescindere da ciò che è accaduto, per mille motivi, ai conti del club bianconero: ricordiamoci del Covid – c’è chi ridicolizza la scelta della Juventus di portare a Torino Cristiano Ronaldo.
Abodi col piede a martello
Non falce e martello, chiaramente, ma piede a martello, quello che utilizza la politica della destra sullo sport. Appetiti noti sullo sport in generale, ma mire ben conosciute anche sul calcio, al punto che negli ultimi giorni è uscita allo scoperto la bozza di un progetto del governo per la costituzione di un'autorità di controllo della gestione finanziaria dei club professionistici (non solo quelli del calcio, ma di tutte le società professionistiche, nelle federazioni dove vige il professionismo; ovvio però che è il calcio sia al centro). Un’agenzia, nel progetto, indipendente dalle federazioni, ma di nomina politica, e già qui fa ridere. In un Paese nel quale la corruzione è endemica e la percezione della corruzione addirittura superiore, di un’agenzia del genere non si potrebbe che pensar male, e questo pur rendendosi conto che non c’è certo mai stata grande trasparenza nella gestione, nei corsi degli anni, le iscrizioni nelle serie d’élite del calcio italiano. Peraltro l’Italia è il Paese dei plurimi conflitti di interesse, e il rapporto incestuoso tra politica e interessi nel pallone può contare su una vastissima letteratura. E allora ecco il progetto che porta il nome di Abodi, è benedetto da Giorgetti, fa imbestialire Gravina e partire il gioco delle parti – ne era al corrente, come sostengono da fonti politiche, o no, come giura lui? – e fa drizzare le antenne a Fifa e Uefa in tema di autonomia.
Ora, che sia borderline non c’è dubbio, ma si sa che per gli amici le leggi si interpretano e per i nemici si applicano, e considerando i rapporti tra Gravina, Ceferin e Infantino la politica nostrana può star sicura che, se qualcuno in Figc si sentisse pestare i piedi, arriverebbero le minacce. Sanzioni? Ma quando mai…
Il coming out ha prodotto, giovedì, un incontro tra il ministro Abodi, il presidente del Coni Malagò, Gravina, il presidente della Lega di A Casini e quello della Lega B Balata, oltre all’eterno presidente della Federbasket Petrucci. Come finirà? Non esattamente come vuole il governo, ma con un compromesso, qualcosa di pseudoindipendente, ma verosimilmente regolato sulla base del più classico manuale Cencelli. Un trionfo…
Lega A vs Figc, big 4 vs Lega A
Dopo tutto troppo spesso, per il calcio la politica ha fatto sconcezze. Gli esempi sono diversi. Le verginelle di quasi tutta la Serie A della grandeur fine anni Novanta-primi Duemila ricorderanno il cosiddetto salvacalcio, una porcata che servì a salvare gli amici degli amici, quando buona parte di coloro che lo utilizzarono meritavano il peggio, per come avevano dissennatamente – o forse assennatamente, ben sapendo che qualcuno li avrebbe salvati, in questo Paese da do ut des – operato sulle finanze e sulle casse dei rispettivi club.
Sarebbe stato un bel repulisti, avrebbe toccato alcuni impuniti cronici, ha invece convinto tutti che tanto, alla fine, la buona gestione non paga. Lo raccontano gli ultimi vent’anni, a parte qualche raro caso esemplare.
Così, oggi, siamo alla Lega di A che pretende più autonomia dalla Figc – come se non ce l’avesse: guardate la Coppa Italia chi la organizza, chi la vende e come la gestisce… – mentre alcuni club (Inter, Juventus, Milan, Roma) vanno in contrasto con la Lega stessa e chiedono (come vorrebbe Gravina) che la A tornasse a 18 squadre. In buona sostanza: ognuno per sé, è così da anni e, considerando l’identità di alcuni dei frontman,
La verità? Nella governance del calcio italiano, e in quella degli stessi club, ci sono troppe figure alle quali corti di lacchè hanno fatto credere di essere dei geni, dei fini strateghi. Solo che questi, nella fiera delle vanità, ci hanno creduto, e il risultato è che un progetto concreto e definito su come affrontare le sfide di sistema il calcio italiano non ce l’ha, che la Lega si è balcanizzata e, con la Figc, non ha dato sinora dimostrazione di avere una visione d’insieme, né una direzione. Il governo, allora, ha visto spiragli nei quali inserirsi, e vi si inserirebbe pure volentieri, entrando nel quadro – compromesso com’è – perché gli è più funzionale che definirne la cornice.
Trplice fischio. Alla prossima.