Skip to main content

Portare nello spazio la discriminazione di genere, oggi

La missione di Blue Origin ha dimostrato quanto ci sia ancora da fare per la rappresentazione femminile sulla Terra, figurarsi in altre dimensioni. E la colpa è anche di una tutina blu, disegnata dagli stilisti di Monse

Molto è già stato scritto, e si vorrebbe evitare di essere ridondanti, perché il cringe che trasudava sin dagli albori della missione di Blue Origin – sei donne rich and famous prive di qualunque tipo di competenza per l’occasione, spedite nello spazio per meno di 10 minuti a bordo del razzo New Shepard, dai contorni fallici – era abbastanza chiaro a tutti.

Secondo Moira Donegan del The Guardian è la totale sconfitta del femminismo americano (Opens in a new window) ; Al Jazeera ha invece parlato di un Falso femminismo che ha lasciato il pianeta (Opens in a new window); Elle USA è stato molto criticato dai social per questa copertina (Opens in a new window), con lo strillo For all Womankind (come se sei donne oscenamente ricche, alcune delle quali sono lì solo per le loro relazioni sentimentali con il fondatore di Blue Origin, Jeff Bezos, potessero simboleggiare un campione rappresentativo dell’esperienza del femminile sulla Terra); persino Emily Ratajkowski, non esattamente l’ultima delle Carmelitane scalze, si è definita disgustata da tutta la questione.

Nell’intervista di Elle USA, tra l’altro, alcune tra le sei partecipanti (Lauren Sanchez, vedette di punta della missione in quanto fidanzata di Bezos, ma anche Katy Perry, la conduttrice televisiva Gayle King, l’ex ingegnera spaziale della NASA Aisha Bowe, la produttrice cinematografica Kerianne Flynn e Amanda Nguyen, ricercatrice e attivista) si sono dimostrate molto più interessate a come sarebbero arrivate vestite all’occasione che all’evento in sé (non che andare nello spazio nel 2025 sia un evento, lo hanno già fatto diverse donne senza portare margherite tra le mani o deliziare le colleghe cantando What a wonderful world, come ha fatto Katy Perry). Ed è stata proprio Perry a dire di voler mettere “l’ass in astronaut”, a significare un outfit che valorizzasse le curve (stupisce che ancora la cantante non si capaciti di come faccia ad essere così universalmente odiata dai critici musicali che hanno cassato senza appello il suo ultimo album, genericamente dai social ma nello specifico pure dal genere femminile).

https://www.youtube.com/watch?v=igQpRHCTd6s (Opens in a new window)

E, se proprio volessimo interessarci del look al di là della linea Karman – quella che sancisce l’inizio dello spazio, a 100 km sopra il livello del mare – cosa potremmo dire? Vanessa Friedman ne ha scritto sul New York Times (Opens in a new window) , parlando con i creatori della tutina a metà tra Avengers e cosplay di Elvis a Las Vegas: sono Fernando Garcia e Laura Kim, creatori del band Monse e attuali direttori creativi di Oscar de la Renta, che hanno lavorato con l’impareggiabile supporto tecnico della Sanchez il cui ambizioso obiettivo era re-immaginare il capo da lavoro - perché di questo si tratta – e farlo pensando alle donne. Non una idea del tutto sbagliata, se si pensa che rimodellare la vestibilità su un corpo diverso da quello maschile sarebbe servito nel 2019, quando il volo tutto al femminile previsto dalla NASA non potè avere luogo visto che, all’interno del guardaroba dell’agenzia per l’esplorazione spaziale più importante al mondo, non avevano due taglie da donna (servivano due medium, ce n’era solo una, e così Anne C. McClain dovette rinunciare al suo posto, e ad accompagnare la collega Christina H. Koch ci andò un uomo, Nick Hague). L’idea di adattabilità al corpo femminile della Sanchez era meno vicina però a una effettiva conquista di genere, e più ad una estetizzazione del ruolo, quando a ricoprirlo è una donna (va specificato poi che anche quando le donne certi ruoli li ricoprono, vengono cancellate dal sito della NASA, come è successo di recente (Opens in a new window) con la prima donna destinata ad arrivare sulla Luna, il cui nome è stato effettivamente eliminato, a seguito della stretta sulle policy DEI da parte del governo Trump).

Prodotte da Creative Engineering, le tute sono fatte di un neoprene stretch ignifugo e ricordano nella scelta cromatica, le loro controparti maschili, indossate da Bezos nel 2021, quando egli stesso pubblicizzava quella che è in realtà una compagnia di turismo spaziale. Quella indossata da Bezos (Opens in a new window) però, era in un poliestere dall’effetto luccicante, e, in maniera non del tutto stupefacente, dal fit molto più rilassato. La tuta bodyconscious delle donne ha invece un collo alla coreana, doppia zip sul frontale, una cintura e un’altra zip sulla caviglia, per permettere a chi la indossi di aprirla, creando un effetto a zampa d’elefante a seconda dei gusti (ci si immagina già la fashion police dello spazio a decretare l’avanguardistica trovata di vestirsi per essere in assenza di gravità, come se si dovesse andare a ballare con Tony Manero nelle discoteche di Brooklyn).

https://www.youtube.com/watch?v=RxmwvjL-Glw (Opens in a new window)

Sulle braccia ci sono delle mini-tasche, ma sulle gambe no, perché, sostanzialmente facevano troppo ingombro su zone che non hanno bisogno di volume ulteriore, secondo i canoni estetici attuali. “Too bulky” vengono definite dalla stilista Laura Kim nel pezzo, ma poteva anche dire “ingrassavano” e sarebbe stata forse più onesta. Certo, l’obiettivo era “la praticità, il comfort, il fit” però doveva anche essere “lusinghiero sul corpo delle donne e sexy” perché mai sia il corpo di una donna venga visto non in funzione della sua attrattiva sessuale, ma semplicemente, come avrebbe dovuto essere in questo caso, in quanto strumento di lavoro privo di connotazioni altre, visto che tutte le partecipanti al volo si sono fatte prendere le misure da un bodyscan professionale di modo da poter realizzare tute adatte ad ognuna di loro.

Gayle King, che ha prontamente risposto alle critiche che sono arrivate a seguito della missione, ha detto che il risultato era “professionale e femminile allo stesso tempo, qualcosa che non si era mai visto quando si parla di spazio”. Chi scrive nello spazio non c’è andato – e dubita di farlo mai, considerati i costi milionari per ora paventati (Opens in a new window) per una crociera stellare con Blue Origin – e non è proprio sicura che professionale e femminile siano gli aggettivi adatti per definire la tutina spaziale, ma su una cosa crede che King abbia ragione: fino ad ora nello spazio, la discriminazione di genere così chiara non l’avevano mai vista.

We are the fashion pack

The tortured audio visivo’s department

  • Habemus la prima clip (Opens in a new window) di Fuori, il film che Mario Martone presenterà a Cannes, ispirato all’amicizia tra la scrittrice Goliarda Sapienza e le sue compagne di cella negli anni 80. C’è Valeria Golino, Matilda De Angelis ed Elodie.

  • E parlando sempre del festival francese, pare che Spike Lee abbia dovuto annunciare da solo (Opens in a new window) la propria partecipazione, perché a Cannes si erano dimenticati.

  • Sono uscite le prime foto (Opens in a new window) che ritraggono Jacob Elordi nel ruolo leggendario di Heathcliff di Cime Tempestose, girato da Emerald Fennel. Considerato che il casting è stato criticato con l’accusa di whitewhasing – nel libro di Emily Bronte Heathcliff è descritto come un “dark-skinned gipsy” o anche come “Little Lascar” parola che si usava per descrivere i marinai indiani – la strada per il film sembra abbastanza in salita

  • La prima puntata della nuova stagione di The last of us è arrivata, e io non mi sento tanto bene. La realtà è che, avendo già giocato al titolo per consolle, so benissimo come va a finire, e non credo di essere pronta. Secondo la review del Tim (Opens in a new window)e, ad esempio, la serie sarebbe già vittima del suo successo

  • Questa clip (Opens in a new window)di Amanda Seyfried che da Jimmy Fallon canta (benissimo) California, suonando il dulcimer, ha scatenato l’Internet. Secondo i più sospettosi è un’audizione spontanea con la quale l’attrice di Mamma Mia! si candiderebbe al ruolo della giovane Joni Mitchell, nel biopic che deve girare Cameron Crowe. Il plot twist? L’unica attrice fino ad ora nota di quel film è quella che interpreterebbe il ruolo di una Mitchell più avanti nell’età: sua santità Meryl Streep.

Official soundtrack della settimana

https://www.youtube.com/watch?v=JkK8g6FMEXE (Opens in a new window)

Per ricordarci di un volo spaziale che è esistito solo sugli schermi cinematografici, ma che avremmo molto preferito vedere, ovviamente con la colonna sonora degli Aerosmith, che resero Armageddon un capolavoro assoluto, con un Bruce Willis in stato di grazia (quando ancora i video musicali significavano qualcosa e Liv Tyler che guardava nello schermo Steven Tyler, suo padre nella realtà, era un Easter egg di raffinata intelligenza). Ho riascoltato il brano cantando mentre piangevo? Certo, e non me ne pento.

0 comments

Would you like to be the first to write a comment?
Become a member of Sulla moda and start the conversation.
Become a member