Newsletter #21 - Giorno della Memoria
Ogni 27 gennaio nel mondo si celebra il Giorno della Memoria. Nel 2005, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite istituì questa ricorrenza per commemorare tutte le vittime dell’Olocausto nella data simbolo della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz.
La violenza nazista colpì gran parte dell’Europa, lasciando cicatrici indelebili. In questo numero della nostra newsletter, ci imbarchiamo in un viaggio della memoria per raccontarvi alcune storie meno conosciute legate alla Shoah, tutte provenienti da oltre il meridiano 13 (S'ouvre dans une nouvelle fenêtre).
Buona lettura!
Partiamo dalla Russia, dove a lungo si è taciuto – e si continua a tacere – sugli eventi dell’Olocausto. Non a caso, se Dachau, Auschwitz, Mauthausen, Treblinka sono nomi che popolano ormai il nostro immaginario come simbolo dell’orrore nazista, il massacro di Zmiëvskaja balka, il più grande compiuto su ruolo russo sovietico, è quasi completamente omesso dalla memoria globale della Shoah. Ce ne parla Davide Longo.
Il 28 gennaio 1996 ci lasciava un “uomo ebreo, poeta russo, saggista inglese e cittadino americano”. Con queste parole era solito descriversi Iosif Brodskij, premio Nobel per la letteratura nel 1987. Ripercorriamo in questo articolo i ricordi, l’esordio, il processo, l’esilio e la rinascita di una delle figure letterarie più rilevanti di un Novecento russo antisemita.
Ci spostiamo quindi in Europa centrale, più precisamente in Ungheria. “Perché loro sono sopravvissuti e gli altri no? Non è peccato vivere dopo tutto quello di cui si è stati testimoni? Si ha diritto alla gioia, a un futuro, alla vita? [...] Noi, i sopravvissuti, dovremmo sentirci personalmente responsabili della morte degli ucraini mentre, per esempio, usiamo il gas naturale russo per tenere le nostre case al caldo?”. Sono tutti quesiti che si pone lo scrittore ungherese Tamás Gyurkovics, autore del romanzo Emicrania. Storia di un senso di colpa (Bottega Errante, 2022), con cui abbiamo affrontato il tema del ricordo, dei sensi di colpi e di come l’Ungheria celebra il Giorno della Memoria.
Dall’Europa centrale scendiamo nei Balcani per raccontarvi due storie particolari. La prima riguarda l’Albania. Prima della guerra, infatti, il paese delle aquile era considerato come un posto sicuro per gli ebrei. Re Zog I aveva favorito il rilascio di passaporti attraendo quelli in fuga dal resto d’Europa. Nonostante la successiva doppia occupazione nazi-fascista, per gli ebrei l’Albania restò un luogo protetto grazie soprattutto alla popolazione e alle sue tradizioni. Alla fine della guerra si contavano nel paese più ebrei che all’inizio del conflitto.
In un angolo nascosto della città vecchia di Spalato, un uomo senza Dio apre ogni giorno le porte della Sinagoga per tenerla in vita. Sergio Pilu inaugura con questo ritratto una rubrica che ci porterà in alcuni luoghi di Balcani, raccontando però di persone comuni e delle loro vite comuni. In questo primo incontro si parla del luogo di culto spalatino, delle deportazioni del Novecento, del periodo jugoslavo e del presente croato.
L’Olocausto è una tragedia che ha colpito tutti i settori della società, incluso lo sport. Vi presentiamo quindi due personaggi che si sono ritrovati loro malgrado a vivere l’orrore nazista.
Hermann Horwitz, un professionista, una personalità rispettata e stimata vittima della Storia con la S maiuscola, quella dei tempi di Adolf Hitler. Horwitz, il medico sociale dell’Herta Berlino, ha oggi la sua pietra d’inciampo nel distretto di Charlottenburg-Wilmersdorf: qual è la sua storia?
Nel 1937 il Bologna raggiunse il tetto d’Europa, diventando la prima squadra del continente a batterne una inglese. Erano guidati dalla panchina da un allenatore ungherese che rivoluzionò il calcio italiano introducendo il cosiddetto Sistema che dominò tatticamente l’Europa fino agli anni Settanta.
Árpád Weisz non era solamente ungherese, era ebreo e l’Olocausto si abbattè su di lui e la sua famiglia. La sua storia è rimasta sotto due dita di polvere per più di sessant’anni. Ce la illustra Tobias Colangelo.
Concludiamo il nostro viaggio della memoria a Trieste, città di confine, che regala mille sfumature, così ricca di storia e di storie. Le biografie di Italo Svevo e Umberto Saba l’hanno raccontata nelle loro opere, promuovendo la conoscenza della Trieste ebraica, un'anima e una presenza dalle radici antichissime. La riscopriamo in compagnia di Martina Napolitano.
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